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52 libro settimo


qualche ritenutezza ancora, quasi a lui piemontese non istesse bene ridur la storia d’Italia a poco piú che a storia del Piemonte; e perciò forse, per por nello scritto una proporzione che non è ne’ fatti, s’allungò soverchiamente in alcuni affari piccolissimi del resto della penisola. Ma perciò appunto, sforzati noi a trascurar quelli nel nostro rapido sommario, sembrerem soverchiamente piemontesi; e non avendo luogo nemmeno alle difese, aspetteremo d’esser giustificati dal tempo e da’ successori. Ad ogni modo, poche e misere le opere italiane di questo tempo, noi non veggiam modo di dividerle altrimenti, che seguendo i regni de’ principi di Savoia.

13. Emmanuele Filiberto [1559-1580]. — Non mai i tempi moderni s’eran mutati a un tratto come per la pace di Cateau-Cambrésis; né mai mutaron tanto nemmeno i modernissimi, fuorché per la pace del 1814 e 1815. I vent’anni seguenti furono di quiete non interrotta, di ordinamenti, o, come or si dice, d’organizzazioni universali. Nel Regno, giá vecchio suddito spagnuolo, vecchio pur giá era l’ordinamento; in Milano l’ordinamento piú nuovo s’era modellato sul primo. Un viceré a Napoli, uno in Sicilia ed un governatore in Milano, non piú che cortigiani in Ispagna, ma principi assoluti in Italia, governavano non solamente per gl’interessi di quella, ma per li propri in questa e principalmente in quella. E cosí facevano allora gli altri governatori spagnuoli in America, ne’ Paesi bassi. Cosí giá i proconsoli e legati romani nelle province dell’imperio; cosí poi i governatori britannici nell’Indie. Cosí i governatori lontani dappertutto. È naturale; sempre si mira al centro, onde vengono grazie, favori, avanzamenti. In ciò il progresso di civiltá non muta guari. È di quelle cose che durano poco diverse sempre nella umana natura. Un Consiglio d’Italia in Madrid temperava solo la potenza di que’ governatori. Tranne una milizia (quasi le guardie nazionali d’oggidí) che non si convocava guari, se non contro ai turchi o agli assassini di strada, non v’eran armi, niun corpo napolitano o milanese; napoletani o milanesi s’arruolavan ne’ «terzi» o reggimenti spagnuoli, che eran tutti di volontari, o piuttosto levati a forza, a inganno, a caso. E così gl’italiani