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delle preponderanze straniere 37

destrezze, e doppiezze, ed abilità buie, e segretumi che sono il meno male della politica di Machiavello. Non si rivendica né si tiene in libertá una nazione colla furberia, vizio da servi o tiranni. Le imprese d’indipendenza son quelle fra tutte che vogliono piú unanimità; e questa, grazie al cielo, grazie a ciò che resta di divino nella natura umana, non s’ottiene mai se non colla virtù franca, chiara, pubblica, e quasi direi grossa, o sfacciata. E quindi (mi sia tollerato il dirlo di questa, che pare a molti una delle somme glorie nazionali) io non crederei che sia stato mai un libro cosí fatale ad una nazione, come il Principe all’Italia: ha guastate e guasta le imprese d’indipendenza. V’ha un’impostura, un’ipocrisia delle scelleratezze in molti che senz’essa sarebbon buoni; s’immaginano che la politica non possa esser pratica senza essere scellerata, o almeno buia; e costoro sono confermati in tal errore da quell’autorità e quel codice. E tanto piú, che piú bello è lo scopo proposto in esso; tanto piú, che Machiavello, disgustato de’ Medici, scrisse poscia molto meno scelleratamente ne’ Discorsi, nelle Storie; e tanto piú, che in tutte l’opere sue egli è poi lo scrittore, piú, o quasi solo semplice, piano, naturale, lontano dal periodar pedante; il piú elegante, in somma, e migliore di tutti gli antichi nostri prosatori, senza paragone. Del resto, il gran politico ebbe pure disgrazia fino al fine. Fu finalmente impiegato da’ Medici; ma poco prima di lor nuova caduta del 1527. Ebbe fortuna in ciò, che non sopravisse se non pochi dí [morto 22 giugno]; non ebbe tempo a mutar una o due altre volte colla fortuna. Fece un bene vero, ma non durevole; predicò, promosse, ordinò armi proprie nella imbelle sua città, e scrissene il libro Della guerra. Una vita di Machiavello, fatta virilmente, senza la trista e solita preoccupazione di difender ogni cosa, ogni uomo italiano, sarebbe una delle opere piú utili da farsi ora, per la formazione della politica patria presente ed avvenire. — Francesco Guicciardini [nato 1482] barcheggiò egli pure, servendo prima la repubblica fiorentina al tempo del Soderini, e poi i Medici a cui rimase fedele. Certo che questa era la parte men generosa; pur meno male, poteva credere fosse oramai la sola possibile a