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24 libro settimo

Se ne consolò e consolò la nazione con quel detto (fatto famoso, come tanti altri, con un po’ d’alterazione) «esser perduto tutto fuor che l’onore». Ad ogni modo guastò questo, quando tratto prigione a Spagna, e non sapendo soffrir la noia (gran vizio talor anche a un re), firmò un trattato [14 gennaio 1526]; e liberato nol tenne, mal sofisticando sul proprio diritto di promettere in prigione, ch’ei non doveva usar se non l’aveva. — Del resto, questi eran tempi di perfidie complicate; e la liberazione di Francesco I fu aiutata da un altro tradimento fatto a un traditore italiano. Francesco Sforza e Morone suo cancelliero, oppressi in Milano da’ lor alleati spagnuoli e tedeschi, idearono liberar sé, e seco l’Italia. Buona, santa idea di nuovo; e che, se si fosse potuta eseguire con qualche ardita alzata d’armi, avrebbe fatto essi immortali e la patria finalmente felice. Ma ridusser l’impresa a una congiura. Alla quale, numerosa di necessità, avvenne ciò che è impossibile non avvenga: che tra un gran numero di uomini, gli uni traditori, gli altri almeno simulatori, non se ne trovi alcuno che simuli e tradisca la congiura stessa. Fu svelata questa (che del resto fu la sola che avesse uno scopo italiano, fra le tante congiure accennate) dalla duchessa d’Alençon, sorella di Francesco I, e dal Pescara, italiano, discendente e capitano di spagnuoli, a cui i congiurati promettevano il regno di Napoli. La prima tradí il disegno per liberar il fratello; il secondo, quando ciò seppe; e sia che fosse stato fino a quel punto traditor del suo principe, o de’ congiurati, costui arrestò il Morone ai 14 ottobre 1525, e morí un mese appresso, esecrato. — Fecesi poi, a’ 22 maggio 1526, una lega migliore, poiché aperta, tra il liberato Francesco I, Clemente VII, lo Sforza e i veneziani. Ma fu infelice del paro; l’avesser fatta al principio della guerra! ora era tardi. Lo Sforza ne rimase spoglio di Milano [24 luglio], e Roma pagò caro la leggerezza, la pretesa abilità, l’effettiva inabilità e i lussi de’ Medici. In settembre di quell’anno fu presa Roma una prima volta, e saccheggiato il Vaticano da Pompeo Colonna; e Clemente, rifuggito in castel Sant’Angelo, riescí a far patti e liberarsene. Ma l’anno appresso, il Borbone, giá vittorioso in Lombardia, in tutto il settentrione,