|
delle preponderanze straniere |
179 |
tramandolla a’ suoi
discendenti di Spagna, coi Paesi bassi, con America, colle Flippine,
colonia anch’essa da farne pro per la madre patria. Ma, immenso
esempio, non fece pro di noi, piú che di quell’altre superfetazioni,
la madre patria; languí anzi e decadde tra esse. Non fecene pro nemmen
quella casa regia, che degenerò e cadde; non ne fu fatto pro se non
da pochi viceré, governatori ed impiegati minori. E cosí tra tutto
quel languire, languimmo noi pure, Italia quasi tutta, salvo talora
Piemonte, per li centoquarant’anni del Seicento, in nullitá politiche,
in corruzione di costumi, in cattivi gusti di lettere e d’arti, in ogni
cosa, salvo che in filosofia materiale sollevata da Galileo, martire
di essa. Finí poi quel marciume colla fine della marcia schiatta regia
austro-spagnuola all’anno limitrofo tra i due secoli decimosettimo e
decimottavo; e si sollevò questo per le guerre, che si fecero forti
e grosse ne’ dodici anni della contesa della successione di Spagna;
per li trattati di Utrecht, che fondarono un secondo regno italiano a
casa Savoia ingrandita; e piú per quella guerra della successione di
Polonia e quel trattato di Vienna, che liberaron da Austria e rifecero
indipendente l’antico regno di Napoli e Sicilia, non lasciando allo
straniero che Milano e poca Lombardia all’intorno. Ed allor tentò,
allora incominciò a risorgere Italia; e si riformò, migliorò, progredí
incontrastabilmente, benché non abbastanza pur troppo; non nell’essenza
dei principati italiani, che rinnovaron tutto salvo se stessi; non
nell’indipendenza, che rimase incompiuta. E cosí, mal apparecchiata
all’impreveduta occasione dell’invasione francese (come giá a quella di
Carlo VIII, di Carlo d’Angiò, di Federigo I e tante altre), si trovò
la lenta Italia del 1792. E come disapparecchiata, lasciò i piemontesi
combattere e succombere soli nel 1796, e si divise in parti di regii e
repubblicani, di francesi ed austriaci per diciott’anni; lungo i quali
caddero le ultime repubbliche del medio evo, caddero, si restaurarono,
ricaddero e si restauraron di nuovo i principati; e si finí collo
stabilimento raddoppiato, contiguo, piú sodo, piú forte che mai, almeno
in apparenza, del regno lombardo-veneto, dal Ticino all’Adriatico. Né
sia per nulla, poi, che