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delle preponderanze straniere |
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e il francescano non voleva. Non se ne fece altro. Il popolaccio
beffato infuriò, gli «arrabbiati» si sollevarono; e al dí appresso
diedero l’assalto al convento di San Marco, e fecer prigioni fra
Gerolamo, fra Domenico, e un terzo, fra Silvestro. I quali poi furono
in pochi dí interrogati, torturati, condannati, ed arsi in piazza [23
maggio]. — Di Savonarola chi fa un santo, chi un eresiarca precursor
di Lutero, chi un eroe di libertá. Ma son sogni: i veri santi non si
servon del tempio a negozi umani; i veri eretici non muoiono nel seno
della Chiesa, come morí, benché perseguitato, Savonarola; e i veri
eroi di libertá sono un po’ piú sodi, non si perdono in chiasso come
lui. Fu un entusiasta di buon conto; e che sarebbe stato forse di buon
pro, se si fosse ecclesiasticamente contentato di predicare contro
alle crescenti corruttele della spensierata Italia. — Alla quale, come
tale, ripullulavano le occasioni di perdizioni. Al dí appunto della
festa fallita in Firenze, era morto Carlo VIII, era salito al trono
di Francia Luigi XII, quel duca di Orléans che giá dicemmo pretender
a Milano come discendente d’una Visconti, e che or pretese a Napoli
come re di Francia, successore ai diritti degli ultimi Angioini. Se
gli fosse riuscito il tutto, incominciava fin d’allora, e a pro di
Francia, quella unione dei due grandi Stati italiani di settentrione
e mezzodí, la quale sessant’anni dopo die’ l’Italia legata in mano a
Spagna. Luigi XII non era avventato come Carlo VIII; era anzi principe
prudente, destro, politico, e in Francia cosí buono che n’ebbe nome di
«padre del popolo». Eppure, anch’egli ebbe le maledizioni d’Italia;
tanto i migliori a casa son cattivi fuori! Non attese dapprima se non
a Milano; e que’ veneziani che s’eran sollevati contro Carlo VIII,
si collegaron ora con Luigi XII per il misero acquisto di Cremona e
Ghiara d’Adda [trattato di Blois, 15 aprile 1499]. Chiaro è: que’
vantatissimi politici non ebber forse mai, non aveano certo piú niuna
politica vera, lunga, propriamente detta, ma solamente abilitá alla
giornata; quella vantata aristocrazia non aveva piú l’aristocratica
virtú della costanza, ma solamente l’aristocratico istinto della
propria conservazione. E legossi pure con Luigi XII Alessandro VI, per
far suo infame figliuolo Cesare