nato piú o meno tra le due etá, è aureo di stile, ma il genere trattato da lui è di quelli minori, scelti appunto quando vengon meno i maggiori. Lucano, Persio, Stazio, Marziale, Seneca il tragico, Seneca filosofo, del primo secolo dell’imperio, son tutti minori e detti «argentei» unanimemente. — Quintiliano, fiorente tra il primo e il secondo secolo, non se n’alza, pure sforzandosi di rialzar esso le lettere cadenti. I due Plini, quantunque erudito il primo ed elegante il secondo, e Giovenale stesso, quantunque generoso, non vi fecero guari piú. Se avesse potuto farsi, sarebbe stato fatto da Tacito, uno scrittore, un uomo (per quanto si sappia) di meravigliosa virtú in tempi or viziosi, or almeno minori. Ma, vizio forse inevitabile in qualunque uomo combattente il secolo suo, Tacito, resistendo alla decadenza giá invincibile, e sforzandovisi, ne rimase aspro, duro, travagliato oltre alle leggi del bello, che non è piú bello quando non è facile. E cosí Tacito rimarrá immortalmente simpatico agli animi virtuosi, che si confortano allo spettacolo della altrui virtú infelice; ma riman segno egli stesso della decadenza invano da lui trattenuta. Seguono decadenti via via piú Svetonio, Frontino,
Frontone, Petronio, numerati ancora fra gli argentei; — e poi nel terzo, quarto e quinto secolo, detti di bronzo, di ferro e non so piú che, una serie rara rara di minori, Ausonio, Claudiano, Eutropio,
Apuleio, Giustino, Macrobio, ed altri che non nomineremo. — Misti a tutti questi latini, fiorirono alcuni greci, Plutarco solo grande, con una turba di filosofi minori di varie scuole, od anzi di scuola ecletica in Alessandria. E questi furono la speranza di Giuliano apostata. Dopo il quale ancora, a’ tempi di Teodosio, Simmaco, un senatore principale di Roma, acquistava nome di eloquente o forse di animoso fra’ contemporanei, difendendo l’altare della Vittoria, ultimo degli idoli nella curia. Ma giudichi ora ciascuno quale eloquenza, qual filosofia, quali animi retrogradi dovessero esser questi; e qual regresso si fosse fatto, in somma, dalle varie ma tutte vive ed incalzanti parole d’un Catone, d’un Cicerone o d’un Giulio Cesare. — Le arti, greche e purissime da principio, riempirono dapprima Roma, poi l’imperio. Augusto vantavasi di aver trovata Roma di mattoni,