niuna fu coltivata felicemente da’ romani repubblicani. Della musica non si trova vi ponessero di gran lunga quell’amore, quell’importanza che i greci; quasi non pare la coltivassero. — Il nome di Pittore aggiunto ad uno de’ Fabi, è delle poche memorie che faccian credere essere stata l’arte, bene o male coltivata da liberi anzi da patrizi romani. Supplivano sí gli altri italiani. Quest’è l’etá a cui si riferiscono dagli archeologi presenti que’ monumenti piú perfetti dell’arte italo-greca, che s’attribuirono giá agli etrusci piú antichi. E giá accennammo quanti di que’ monumenti siensi trovati nelle cittá italiche. Ma è piú meraviglioso ciò che ce n’è detto dalle storie: duemila statue, dice Plinio, essere state in Volsci, quando fu presa da’ romani, spinti dal desiderio di esse. A questo modo i romani ornavano lor cittá. Se non che le pitture, che si facevano allora le piú sulle mura, non potevano esser trasportate; e cosí essi fecer probabilmente venir di fuori piú pittori, ma anche scultori, fonditori, figulini, incisori di monete e di gemme. — In una sola arte (fossero cittadini od altri italiani o greci gli artisti) si può dire che i romani avessero stili propri, peculiaritá: nell’architettura; e le loro peculiaritá vi furono le due solite, la sodezza e l’utilitá. Usarono fin da principio, molto piú che i greci, le vòlte, gli archi; furono, a dir di Strabone, inventori degli acquedotti; la cloaca massima è del tempo dei re; l’emissario d’Albano, dell’etá repubblicana [350 c.]. Ma la principale, piú certa e piú utile invenzione loro, fu quella delle grandi, ben diritte e sodissime vie pubbliche. Certo che anche prima di essi, in tutte le regioni incivilite di Grecia o d’Asia, furono vie segnate e fatte dal lungo passaggio; e certo che vi s’aggiunsero qua e lá tagli, argini, ponti, opere d’arte; ma colá non erano opere d’arte le vie intiere. I romani, all’incontro, le fecer tali fin da principio; e come vennero estendendosi nella penisola, vi fecero a poco a poco una vera rete di vie, non meno maravigliosa a quell’etá, di quel che sieno alla nostra le reti di strade ferrate, promosse da’ romani moderni che dicemmo. Tanto s’assomigliano le operositá, le necessitá della civiltá quantunque diversissime! O piuttosto, tanto s’assomigliano