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270 libro sesto

il miserando giovane, per essere cosí ricondotto dall’esilio, e ricomprare con quelle torture l’invincibil brama di riabbracciar i parenti decrepiti, la dolce moglie, i figliuoli. E per la terza volta fu ricacciato, e morí lontano. Quindici mesi appresso, il vecchio glorioso, ma certo rimbambito, posciaché soffrí di regnare dopo tutto ciò, fu deposto; e al sonar della campana grossa che annunciava l’incoronazione del successore, morí di dolor d’ambizione colui che non avea saputo morire di dolor di padre [1457]. Che libertá, che repubbliche, che aristocrazie! — Con gloria piú incolume, morí [1458] Alfonso il magnanimo. Benché signor di altri regni in Ispagna, non avea piú lasciato quello delle Due Sicilie da trentott’anni; v’avea combattuto a lungo, l’avea pacificato, ordinato, fatto riposare e risplender d’arti e di lettere; e compié i suoi benefizi a’ sudditi napoletani, lasciando i regni spagnuoli e Sicilia a Giovanni suo fratello, ma Napoli distaccato, a Ferdinando suo figliuolo naturale. Se non che, qui come ad ogni altra occasione passata, presente o futura, lamenteremo sempre qualunque sminuzzamento del bello ed util Regno di qua e di lá dal faro, come di qualunque altro Stato italiano esistente. Ma che giova? Mentre si disperano e cercano riunioni l’une difficili, l’altre impossibili, si sminuzza ciò che è giá riunito. Sogni ed ire, sempre la medesima storia. Non solamente il desiderabile proseguito in luogo del possibile; ma niun criterio a distinguere ciò che sia desiderabile veramente, niuna costanza a desiderar le medesime cose; inconseguenza, inconsistenza, passioni. — Ferdinando poi non valse il padre: s’inimicò i baroni; e questi chiamarono un duca di Calabria figlio di Renato d’Angiò, che scese e si mantenne parecchi anni nel Regno. Ferdinando fu mantenuto dalla sapienza politica dello Sforza e di Cosimo de’ Medici, che non vollero introdurre un nuovo straniero in Italia; ma si deturpò peggio che mai colle vendette, e col tradimento che fece a Iacopo Piccinino, accarezzandolo, traendolo a sé, ed uccidendolo, a modo di Venezia con Carmagnola [1465]. — Pochi mesi addietro era morto Cosimo de’ Medici il gran cittadino di Firenze, il grande autore e conservator della pace in sua cittá e in Italia.