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264 libro sesto

partigiani di lui dalle borse onde si traevano a sorte i magistrati. Cosimo si ritrasse a Venezia, l’antica alleata di Firenze; ed ivi, esule magnifico, continuò le medesime splendidezze, edificando palazzi, raccogliendo codici, anticaglie, letterati, artisti; e pur mantenendo relazioni con sua parte in Firenze. E cosí, corso appena un anno, ed uscita a sorte, a malgrado le esclusioni, una signoria meno avversa a Cosimo, egli fu desiderato e richiamato; e cacciossi Rinaldo degli Albizzi, che esule troppo diverso fu a rifugio a Milano, ai Visconti, antichi nemici suoi e di sua patria. Fu del resto rivoluzione pura di sangue, che è meraviglia in quell’etá. E puri, o quasi, ne rimasero i Medici allor risorti e piú che mai crescenti in tutto. Se questi primi Medici del secolo decimoquinto si voglian pure (come si fa da alcuni) chiamar tiranni, ei bisogna avvertire almeno, che essi furono molto diversi e dagli altri contemporanei, e da’ loro stessi discendenti del secolo decimosesto e seguenti. — Men buono di gran lunga, e tuttavia non de’ peggiori del suo, fu Filippo Maria Visconti. Brutto di figura, cresciuto tra’ pericoli e le sventure, e riuscitone prudentissimo anzi timido, sospettoso e cupo, non capitano, non guerriero, non buon parlatore, fu abile conoscitore e destro maneggiator d’uomini a proprio pro, e crudele sí, ma poco per un Visconti. Scannatogli, come dicemmo, il fratello [1412], corse a Milano, fu riconosciuto signore, sposò la vedova di Facino Cane, ebbe cosí per sé quella compagnia; alla quale sovrapose Francesco Bussone, detto il Carmagnola da un borgo del Piemonte dov’era stato guardiano di vacche. Questi poi riacquistò a poco a poco a Filippo Maria tutto lo Stato dell’avo in Lombardia, e Genova stessa, che non sapendo a lungo mai star libera si diede a lui e al Visconti, come poc’anzi a Francia [1412-1422]. Ivi fu fatto governatore, facente funzioni di doge, il guardian di vacche. Ma al soldato di ventura era esiglio, posciaché era ozio, o almeno non guerra. Lagnossi, cadde in sospetto. E comandato congedar sue lance, va invece in corte a Milano, ad Abbiategrasso dove villeggiava il duca; non è ricevuto; freme, grida, risalta in sella, varca Ticino, varca Sesia, corre ad Ivrea, s’abbocca con Amedeo