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poco appresso [1449], e morí poi nel 1451 dopo aver signoreggiato sessantun anni da conte, duca, prior di romiti, antipapa, e decano de’ cardinali. Al secolo dei venturieri fu piú grande e migliore de’ venturieri. — In Firenze (oramai signora di Pistoia, Arezzo, Volterra e Pisa) dopo la disfatta de’ Ricci, de’ Medici, e de’ Ciompi, continuò a preponderare l’aristocrazia popolana degli Albizzi, alcuni anni. Ma risorse l’aristocrazia ultra popolana sotto a’ Medici; sorsero i Medici per mezzo della democrazia a poco men che signoria, esempio solito. I Medici erano grandissimi fra’ mercanti e banchieri di quella cittá, giá grande per industrie e commerci di terra fin da quando l’adito del mare le era chiuso dalla nemica Pisa. E perciò, oltre all’ambizione di accrescimento, volgare in tutte quelle cittá italiane che speravan ciascuna diventar una Roma novella, per ciò Firenze volle ed ebbe Pisa. E allora crebbe ella piú che mai, e in essa crebbero i Medici; cioè quel Salvestro che vedemmo ne’ Ciompi; e poi Giovanni figlio di lui che fu gonfaloniero nel 1421, benché ancor potessero gli Albizzi; e sopra, Cosimo di Giovanni. Noi viviamo in tempi di grandi banchieri; ma questi non arrivan forse a quei principi del commercio d’allora. Non so, per vero dire, se sarebbe fattibile il paragone de’ capitali maneggiati dagli uni e dagli altri; né, se fattolo, e tenuto conto della raritá de’ metalli allora correnti, ne riuscirebbero piú grandi capitalisti questi o quelli. Certo poi non v’è paragone tra le liberalitá, le splendidezze. Cosimo aveva il piú bello e gran palazzo di Firenze, forse d’Italia o della cristianitá; vi raunava i filosofi, i dotti, i letterati italiani, e gli orientali, quando vennero, cadendo e caduta Costantinopoli. E di qua e di lá raunava codici, anticaglie, scolture, pitture, e pittori e scultori, a cui molto piú che ai letterati giova, anzi è indispensabile la protezione. Soprattutto imprestava, spargeva gran danari; strumento supremo di popolaritá. Con tali mezzi era terribil capo d’opposizione contro a Rinaldo degli Albizzi, capo del governo. Questi volle liberarsene d’un colpo. Del 1433, datagli dalla sorte una signoria composta di partigiani suoi, chiamò Cosimo a palazzo, sostennelo, fecelo esiliare, e tolse poi i nomi de’