dodici anni: Giovan
Maria che gli succedette nel ducato di Milano, Filippo Maria nel
contado di Pavia; ambi sotto la tutela di Caterina lor madre, sotto la
protezione de’ condottieri. Ma le cittá si sollevarono, e i
condottieri riducendole le serbarono per sé; si fecero forti in
ciascuna, Facino Cane il principale di tutti in Alessandria, Ottobon
Terzo in Parma, Malatesta in Brescia, Giovanni da Vignate in Lodi,
Gabrino Fondolo in Cremona e via via. Caterina, tiranneggiante con
Barbavara cameriero giá di suo marito, fu chiusa in carcere, dove
morí; colui cacciato [1404]. Giovan Maria cresciuto e sorretto da
Facino Cane, tiranneggiò, incrudelí, lussureggiò anch’esso in Milano.
Gran cacciatore, dicono (ma è credibile?) cacciasse uomini; fu
scannato da alcuni gentiluomini milanesi addí 16 maggio 1412. Diventò
duca il fratello di lui Filippo Maria conte di Pavia. Intanto, anche
piú facilmente s’erano sollevate e liberate le cittá piú lontane
venete e toscane. Francesco Novello da Carrara univasi con Guglielmo
ultimo degli Scaligeri, figlio di quello spogliato giá quindici anni
addietro; e insieme riprendeano Verona [1404]. Ma lo Scaligero morí,
dicesi di veleno, pochi dí appresso; e cosí finí quella famiglia dopo
due secoli di signoria, senza vera gloria, senza risultato. Quante
pene sprecate, quanti semi di virtú perduti, per ingrandir le
famiglie! E non lasciar all’ultimo un’opera compiuta, un benefizio
alla patria, una benedizione in cuore ai compatrioti! Verona passò
quindi al Carrarese, e Vicenza a Venezia; e ruppesi guerra tra quello
e questa. Ma le guerre erano allora de’ piú ricchi che pagavano piú
venturieri; e qui non v’era paragone. Venezia prese Verona e Padova, e
Francesco Novello e i piú degli altri Carraresi [1405]; e fece
strozzare in carcere lui e due figliuoli di lui [1406], e pose
sfacciatamente a prezzo le vite de’ minori a lei sfuggiti. Venezia
entrava a un tempo nella carriera delle conquiste, e in quella della
scellerata virtú del secolo decimoquinto. E cosí finí anche questa
famiglia d’antichi principi italiani. — Né si mosse Firenze, giá lor
alleata e patronessa; era occupata in un’impresa non dissimile,
quantunque men barbaramente adempiuta. Perugia e Bologna eransi
liberate da’ Visconti e