non si può uscire da questo terribile dilemma: o
bisogna dire che ella fu colpevole, o ch’ella n’è incapace. E della
nostra io credo ed amo meglio il primo. — In tutta Europa furono, lungo
il secolo decimoquarto, soldati, contestabili, capitani, compagnie di
ventura. Era ultima degenerazione della feodalitá, di quella
personalitá o individualitá appunto che si loda cosí stoltamente. Ma
altrove, dove durava un centro, un re piú o men potente nella nazione,
una aristocrazia armata intorno al re, una nazione piú o meno unita
all’uno ed all’altra, questo malanno delle compagnie di ventura parve
cosí evidente, cosí scandaloso, cosí contrario ad ogni nazionalitá e
civiltá, anche di que’ tempi, che tutti, re, nobili e popolo si
raccolsero insieme per liberarsene; e se ne liberarono, e serví anzi
ad unir meglio popolo, nobili e re. All’incontro, in Italia, dove non
era tal centro, in Italia divisa e suddivisa, in Italia miserabilmente
repubblicana senza le virtú delle repubbliche, tiranneggiata senza
nemmen la centralitá delle tirannie, in Italia piú colta sí ma piú mal
civile giá che le nazioni contemporanee, il malanno appena inventato
crebbe, si diffuse, si aggiunse agli altri, li superò tutti. Il
fiorire e durar delle compagnie fu primamente conseguenza, poi prova
incontrastabile dell’assenza assoluta di vero spirito pubblico, d’ogni
spirito militare; cioè dunque in tutto, d’ogni spirito patrio, cioè
dunque di buona ed efficace civiltá degli italiani di questo secolo
decimoquarto. — In sul principio di esso si accrebbero da noi i
mercenari e venturieri stranieri, degli aragonesi raccolti al soldo di
Federigo re di Sicilia, e poi de’ tedeschi venuti a preda con Arrigo
VII e Ludovico il bavaro imperatori. Gli aragonesi, rimasti liberi per
la pace del 1303 tra i re di Sicilia e di Puglia, formarono fin
d’allora una numerosa compagnia, che fu detta con parola araba degli
«almogavari»; ma questi non piombarono sull’Italia, furono a
guerreggiare, pirateggiare, conquistare e perdersi tra latini e greci
dell’imperio orientale. All’incontro, i tedeschi d’Arrigo VII rimasero
in Italia dopo la morte di lui; ed accresciuti di nuovi lor
compatrioti ed altri venturieri, e riuniti in compagnie non grosse per
anche sotto a’ lor contestabili, servirono a parecchi de’