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220 libro sesto

secondo suoi privilegi) rinnovata la lega di Lombardia. Eranvi allora entrate Milano, Bologna, Piacenza, Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Brescia, Faenza, Mantova, Vercelli, Lodi, Bergamo, Torino ed Alessandria, ed accostatesi poi parecchie altre, Venezia stessa. Ma questa seconda lega lombarda, anche men della prima, non mirò all’indipendenza; piú forti tutte queste cittá, per essersi esercitate da quarant’anni in una libertá quasi compiuta, è anche piú da stupire che non sapesser compierla. E perché appunto questo era l’unico scopo buono, naturale, che la nuova lega potesse avere, ed ella non l’ebbe, non si scorge in essa nessuno scopo, né disegno, né idea. La prima avea volute le regalie, i consoli, troppo poco forse, ma in somma quel poco, e l’aveva ottenuto; la seconda non aveva che a proseguire; e non volle ciò, né nulla. La prima era difensiva, conservatrice de’ diritti acquistati, e conservolli; la seconda era offensiva, ed offese, ma senza pro, senza acquisto ulteriore. Non fu altro che odio, parte guelfa, lega guelfa, contra odio e parte e leghe ghibelline, che pur sorsero qua e lá. Riuscí un cumolo di fatti peggio che mai moltiplicati e sminuzzati; piú brutti naturalmente dalla parte straniera e ghibellina, ma non belli nemmeno da parte guelfa, mediocri tutti. Il vero è che senza grande scopo le parti non possono aver né grandi virtú né grande effetto; e che queste del secolo decimoterzo non servirono a nulla, se non a far crescere i signorotti o tirannucci, giá sorgenti nelle cittá. — Le parti di quel secolo ebbero vizio tutto contrario a quello delle presenti. Il quale è d’oltrepassare gli scopi primieri e buoni, di pigliarne altri via via ulteriori e cattivi: dopo la libertá, l’uguaglianza, que’ socialismi e comunismi, che sono barbare idee in barbare parole; dopo il principato costituzionale rappresentativo, la repubblica, e non giá niuna sapientemente equilibrata, ma la democratica e sociale; dopo, ed anzi prima dell’indipendenza, l’unitá. Quando sapranno le parti italiane prefiggersi scopi buoni e non oltrepassarli, quando non peccare né per difetto né per eccesso, non essere né tutto stolte né tutto matte? Non mai, diranno alcuni di que’ superbi che troncano ogni difficoltà