secondo suoi privilegi) rinnovata la
lega di Lombardia. Eranvi allora entrate Milano, Bologna, Piacenza,
Verona, Vicenza, Treviso, Padova, Brescia, Faenza, Mantova, Vercelli,
Lodi, Bergamo, Torino ed Alessandria, ed accostatesi poi parecchie
altre, Venezia stessa. Ma questa seconda lega lombarda, anche men
della prima, non mirò all’indipendenza; piú forti tutte queste cittá,
per essersi esercitate da quarant’anni in una libertá quasi compiuta,
è anche piú da stupire che non sapesser compierla. E perché appunto
questo era l’unico scopo buono, naturale, che la nuova lega potesse
avere, ed ella non l’ebbe, non si scorge in essa nessuno scopo, né
disegno, né idea. La prima avea volute le regalie, i consoli, troppo
poco forse, ma in somma quel poco, e l’aveva ottenuto; la seconda non
aveva che a proseguire; e non volle ciò, né nulla. La prima era
difensiva, conservatrice de’ diritti acquistati, e conservolli; la
seconda era offensiva, ed offese, ma senza pro, senza acquisto
ulteriore. Non fu altro che odio, parte guelfa, lega guelfa, contra
odio e parte e leghe ghibelline, che pur sorsero qua e lá. Riuscí un
cumolo di fatti peggio che mai moltiplicati e sminuzzati; piú brutti
naturalmente dalla parte straniera e ghibellina, ma non belli nemmeno
da parte guelfa, mediocri tutti. Il vero è che senza grande scopo le
parti non possono aver né grandi virtú né grande effetto; e che queste
del secolo decimoterzo non servirono a nulla, se non a far crescere i
signorotti o tirannucci, giá sorgenti nelle cittá. — Le parti di quel
secolo ebbero vizio tutto contrario a quello delle presenti. Il quale
è d’oltrepassare gli scopi primieri e buoni, di pigliarne altri via
via ulteriori e cattivi: dopo la libertá, l’uguaglianza, que’
socialismi e comunismi, che sono barbare idee in barbare parole; dopo
il principato costituzionale rappresentativo, la repubblica, e non giá
niuna sapientemente equilibrata, ma la democratica e sociale; dopo, ed
anzi prima dell’indipendenza, l’unitá. Quando sapranno le parti
italiane prefiggersi scopi buoni e non oltrepassarli, quando non
peccare né per difetto né per eccesso, non essere né tutto stolte né
tutto matte? Non mai, diranno alcuni di que’ superbi che troncano ogni difficoltà