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168 libro quinto


E morendo poco dopo [1073] papa Alessandro II, lasciolla in retaggio a un successore degno, anzi maggiore, di lui.

16. Coltura. — Nei tre secoli che corsero dal 774 a questo 1073, la coltura cristiana universale, imbarbarita sotto ai barbari, ebbe un primo risorgimento incontrastabile da Carlomagno al principio del secolo nono; si fermò senza progredire, ed anzi di nuovo retrocedette sotto gli ultimi Carolingi, e tra le contese dei re, regoli e marchesi lor successori, dalla metá del secolo nono a tutto il decimo: e ripigliò poi un tal qual moto progressivo nella prima metá, uno certo e giá rapido in questa seconda metá del secolo undecimo a cui siam giunti. — L’Italia ebbe poca parte al risorgimento di Carlomagno; tutto vi fu opera personale di lui e di quell’Alcuino sassone-inglese [726-804], ch’egli aveva chiamato e tenuto sovente in corte, e tanto che il vedemmo consigliere forse alla restaurazione dell’imperio. Tra i due, istituirono nel palazzo una vera academia; i membri della quale, non esclusi il vecchio e vittorioso imperatore che non sapeva scrivere, e i suoi figliuoli e forse alcuni di quelli che noi chiamiamo i «paladini», e non dovevano esser guari piú colti, tutti quanti preser nomi academici di Davide, Platone od altri; precursori, piú compatibili allora, di nostre ragazzate del Seicento e Settecento. Non saprei dire se l’Italia fornisse di questi academici primitivi. Il piú che si trovi preso da Carlomagno in Italia fu la musica corale, il canto fermo romano; di che istituí scuole in Francia, e in che, dicono, facessesi colá poco progresso. Né so s’io mi rida, o s’io abbia a dar vanto all’Italia di questo antichissimo primato della musica, il quale solo or ci resta. Direi, che se non fosse solo, sarebbe da gloriarcene certamente; ma che, finché è solo, piú mi accuora il difetto degli altri, che non mi rallegra la perseveranza di questo; e conchiuderei doverci pur esser cara, e poter anche esserci utile la nostra musica, se da semplice trastullo o da molle consolazione ch’ella è a’ nostri mali, la sapesse alcuno sollevare a’ virili e virtuosi incitamenti. La musica, certo rozzissima, de’ greci antichi fu pur da essi tenuta per mezzo politico non dispregevole a conformare gli animi loro virili; perché non