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della signoria degli imperatori e re |
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9. Berengario II [951-964]. — Il trono restò vacante presso a un mese;
poi furono regolarmente eletti re in assemblea nazionale Berengario II
e suo figliuolo Adalberto. E quindi nasce un sospetto favorevole, che
re e nazione fossero finalmente piú uniti, e che Berengario non fosse
cosí cattivo come i predecessori, né come ce lo rappresentano gli
storici dediti a’ nemici di lui. Ma il séguito de’ fatti sembra
togliere anche questa consolazione. Ad ogni modo, egli e sua moglie
Villa (detta pessima donna, essa pure, da un contemporaneo) si
rivolsero contra Adelaide bella, santa, giovane, vedova e regina, per
farla sposare ad Adalberto. Fugge ella in una selva, poi nel castello
di Canossa (scena destinata a drammi anche maggiori), ed indi implora
aiuto da Ottone re di Germania. Scende questi nel medesimo anno, non
incontra resistenza, si fa proclamare re in Pavia, libera Adelaide, la
sposa, e in breve la conduce seco a Germania, richiamatovi dal mal
contento di un suo figlio per queste seconde nozze [952]. Quindi
Berengario avrebbe avuto gran gioco, se fosse stato uom di cuore e
unito colla nazione. Ma, mancassegli l’uno o l’altra, ei rinnova
l’esempio di Berengario I, va a Germania due volte, ed alla seconda
egli e Adalberto fanno omaggio della corona d’Italia a quella di
Germania. Cosí tornano bruttamente confermati nel regno; e regnano
poi, volgendosi contro a’ vescovi e marchesi lor contrari, ma
principalmente contro a quell’Alberto Azzo conte o marchese di Canossa
(stipite di casa d’Este), che avea ricoverata Adelaide. Tuttociò
finché Ottone fu occupato in Germania. Ma nel 956 scende Liutulfo
figliuolo di lui, libera il signor di Canossa dell’assedio ond’era
stretto dai due re, prende l’un dopo l’altro; ma li rilascia liberi e
di nuovo re. E pare che fosse per allora approvata siffatta clemenza
da Ottone stesso. Ma continuando Berengario a tiranneggiar vescovi,
conti e marchesi, o forse a volerne un’obbedienza che essi non
volevano, e a far correrie nel territorio di Roma, ed a ritener
l’Esarcato e la Pentapoli, usurpate giá da re Ugo ai papi, s’unirono
ora papa e grandi a chiamare un’altra volta Ottone, e questi scese
l’anno 961 per il Tirolo. Adalberto l’aspettava alle Chiuse d’Adige
con un esercito,