che il legislatore autore imponesse quanto prima l’opera
sua in tutto l’imperio suo), ovvero nel 554, insieme colla prammatica
che dicemmo; ovvero anche piú tardi nelle province rimaste greche. Ma,
voluminoso tutto questo Corpus iuris, non s’adattava alla poca
coltura delle etá seguenti, né al poco e impedito uso che ne aveano a
fare i miseri italiani soggetti e poco men che schiavi di barbari
germanici od imbarbariti greci; ondeché essi usarono vari ristretti
fattine via via, e principalmente quello d’Alarico re de’ goti di
Spagna. — De’ codici barbarici poi, lasciando quelli fatti fuor
d’Italia, e venendo a’ nostri goti, ci basterá accennare, che
Teoderico e gli altri re loro fecero senza dubbio non poche leggi; ma
non restano testi, se non di due editti di Teoderico e d’Atalarico,
oltre poi molti cenni nelle lettere di Cassiodoro. E, cacciati i goti,
non ne restò probabilmente traccia nelle giurisprudenze posteriori. I
longobardi sí, compilarono, come accennammo, contemporaneamente con
gli altri barbari lor leggi od usanze (dette con parola loro antica
«anclab» od «anclap», che forse significava «connessione»,
«collegazione», e sarebbe cosí sinonimo di «lex»); e la prima
compilazione fu di Rotari intorno all’anno 643, e seguirono le
aggiunte di Grimoaldo, di Liutprando, di Rachi e d’Astolfo. — E lodinsi
pure tutti questi principi codificatori: le pubblicazioni di codici
sono sempre benefizi a’ popoli che han bisogno di conoscere quanto piú
facilmente le leggi buone o cattive onde son retti. Ma non diasi ad
essi, nemmeno a Giustiniano, quella lode di legislatori veri, che
Machiavello pone sopra tutte le umane. Perciocché i legislatori veri
sono, non quelli che compilano leggi vecchie o ne aggiungon poche
nuove conformi, ma quelli (come Mosé, Licurgo, Solone ed anche, bene o
male, Augusto, Diocleziano, Costantino e pochissimi altri) i quali
inventano, e con leggi in parte antiche e in parte nuove, ordinano,
rinnovano uno Stato comunque invecchiato, conformemente alle
condizioni delle civiltá e de’ tempi nuovi. E siffatta somma lode fu
meritata (non corsi due anni dacché io cosí ne parlava primamente) da
quattro principi italiani; ma non rimane che ad uno, Carlo Alberto. E
cosí Dio ispiri i tre altri a