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D’UN MANOSCRITTO INEDITO DEL P. GIUSEPPE MARCHI D. C. D. G.
INTORNO ALL’ARCHITETTURA DI ROMA CRISTIANA
FUOR DE’ SACRI CIMITERI.





È cosa già a tutti nota che il P. Giuseppe Marchi, di chiara e venerata memoria, ci lasciò pubblicato per le stampe il suo classico volume dal titolo: Architettura della Roma sotterranea cristiana. A questo dovea tener dietro un secondo dell' Architettura di Roma cristiana fuor de’ sacri cimiteri. Poi altri intorno alle pitture e sculture parimenti cristiane, e formare quel tutto che egli intendeva riunire in un sol corpo, in una sola opera denominata: Monumenti delle arti cristiane primitive nella metropoli del Cristianesimo. Le vicende dei tempi, l'infermità degli ultimi cinque anni di sua vita, finalmente la morte troncarono i suoi disegni. Nondimeno (per quanto io seppi assai tardi) il secondo volume era stato da lui condotto a tal termine, che altri per lui, come opera postuma, l’avrebbe potuto pubblicare: il che, quale che se ne fosse la cagione, mai non si fece. Anzi del manoscritto stesso erasi perduta ogni traccia; tanto che io fin dal marzo del 1891 faceva inserire nella Civiltà Cattolica una breve nota a tal proposito, pregando che chiunque ne avesse notizia la comunicasse all'ufficio di quel periodico: ma indarno. Finalmente però e solo per caso venni a sapere che il manoscritto non era del tutto perito, e favoritomi gentilmente da chi l’avea dalle mani di persona privata ricuperato, mi diedi a percorrerlo con quella avidità, che può ciascuno immaginare, sebbene il carattere allungato e stretto e l’inchiostro abbastanza svanito non permettessero un’agevole e franca lettura. Dissi il manoscritto non del tutto perito: giacché pur troppo è manchevole d’una gran parte, siccome pur ora vedremo.

Dieci fitte colonne in-foglio contengono la prefazione, in cui si dà ragione del volume e se ne circoscrive la materia. Questa si limita alle basiliche ed ai battisteri di Roma, e tali edifizi sono gli unici intorno a cui aggirar si debbono le sue ricerche e i suoi ragionamenti, come gli unici che pubblicamente al culto divino erano consacrati. Quanto al tempo, l’autore non risale all’età precostantiniana, in cui sebbene siamo certi che fossero, com’egli si esprime, «e si fuori si dentro Roma molti edifizi, ne’ quali tenevano i cristiani le sacre loro adunanze»; nondimeno si astiene dal trattarne, perchè non conosce alcuna di tali chiese che sia giunta sino a noi. Tratterà dunque delle basiliche e dei battisteri del tempo della pace: «bastando (egli dice) al mio disegno una giusta notizia ed illustrazione delle sole varietà d’alcuni di que’ molti edifizi, che da’ cristiani furono in Roma innalzati nel quarto secolo della Chiesa per la professione e l’esercizio del sacro loro culto» (foglio 2, verso).

Tra i molti edifizi egli prende ad illustrare la basilica suburbana di s. Agnese sulla via Nomentana (foglio 11 agg.), la basilica suburbana di s. Lorenzo presso la via Tiburtina (fogli 25-44 v. agg.), poi quelle di s. Maria Maggiore intitolata a Maria Madre di Dio ed eretta da Sisto III sull’Esquilino, di s. Clemente, l’Ostiense e la Vaticana. Delle quali cosi discorre (foglio 10): «Non sono più che sei le basiliche che io qui reco, disegnate il meno arbitrariamente che mi sia stato possibile, come esemplari tipi sinceri delle cristiane basiliche erette in Roma nel quarto secolo. Le due