Non così lontra astuta o foca sconcia
In putid’acqua si dimena e sguazza,
Come dentro alla fetida bigoncia
Fino al mento costui nuota e gavazza;
E sì la broda ove s’attuffa il concia,
Che bestia par d’eterogenea razza,
Anzi un vivente cesso, onde le gole
Inghiotton fecce e sfiatano parole.
Quattro alunni sparuti e stomacosi,
Che dello schifo pajono i ritratti,
Gli stan dintorno attenti e curiosi,
Ma co’ nasi tappati e i volti attratti.
Sospende ad ora ad ora i gloriosi
Tuffi il maestro, e con sermoni adatti
In quelle quattro bocche semiaperte
Gitta i tesori delle sue scoperte.
Ed ora, in un bicchier messo tre dita
Di quella zozza torbida e fetente,
Ad assaggiarla il più vicino invita,
Ora a scrutarla ben gli offre la lente:
Una cieca, diversa orda infinita
Brulicar vede il vigile studente,
E così nelle viscere commosso
Riman, che rece al professore addosso.