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ORLANDO FVRIOSO
     
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     Ma s’ a te tocca ſtar diſotto, come
     Piú ſi conuiene, e certo ſo che ſia,
     No vo che laſci l’arme, ne il tuo nome
     Come di vinta, fottoſcritto ſia,
     Al tuo bel viſo a begliocchi alle chiome
     Che ſpiran tutti amore e leggiadria
Voglio donar la mia vittoria, e baiti
Che ti diſponga amarmi, oue m’odiarti,

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Io ſon di tal valor ſon di tal nerbo
     C’hauer nò dei d’adar di ſotto a ſdegno:
     Sorrífe alquanto, ma d’ un riſo acerbo:
     Che fece d’ira piú che d’altro ſegno,
     La Donna, ne riſpoſe a quel ſuperbo
     Ma torno in capo al ponticel di legno
     Sprono il cauallo, e con la lancia d’ oro
     Venne a trouar quell’orgoglioſo Moro.

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Rodomonte alla gioſtra s’apparecchia
     Viene a gran corſo, & e ſi grande il ſuono
     Che rende il potè, ch’intronar l’orecchia
     Può ſorſè a molti che lontan ne ſono:
     La lancia d’ oro ſé l’uſanza vecchia
     Che ql Pagan ſi dianzi in gioſtra buono
     Leuo di fella: e in aria lo foſpeſe:
     Indi fu’l ponte a capo in giú lo ſtefe.

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Nel trapaſſar ritrouo a pena loco
     Oue entrar col deſtrier quella guerriera
     E ſu a gran riſco, e ben vi manco poco
     Ch’ ella non trabocco ne la riuiera:
     Ma Rabicano ilquale il vento e’l fuoco
     Concetto hauea ſi deſtro & agii’ era
     Che nel margine eſtremo trouo ſtrada
     E farebbe ito ancho fu’n ſil di ſpada.

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Ella ſi volta, e contra l’abbattuto
     Pagan ritorna, e con leggiadro motto
     Hor puoi (diſſe) veder chi habbia pduto
     E a chi di noi tocchi di ſtar di ſotto,
     Di marauiglia il Pagan reſta muto
     Ch’ una donna a cader l’habbia condotto
     E far riſpoſta non potè o non volle
     E ſu come huom pien di ſtupore e ſolle.

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Di terra ſi leuo tacito e meſto
     E poi ch’andato ſu quattro o fei paſſi,
     Lo ſcudo e l’elmo ede l’altre arme il reſto
     Tutto ſi traſſe, e gitto contra i faſſi,
     E ſolo e a pie ſu a dileguarſi preſto:
     No che cOmiſſion prima non laſſi
     A vn ſuo feudier che vada a far l’effetto
     De i prigion ſuoi, fecondo che ſu detto.

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Partiſſi: e nulla poi piú ſé n’ inteſe
     Se non che ſtaua in vna grotta ſcura:
     Intanto Bradamante hauea foſpeſe
     Di coſtui l’arme all’alta ſepoltura:
     E fattone leuar tutto l’arneſe
     Ilqual de i cauallieri alla ſcrittura
     Conobbe de la corte eſſer di Carlo:
     Non leuo il reſto e non laſcio leuarlo.

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Oltr’ a quel del ſigliuol di Monodante
     Ve quel di Sanſonetto e d’Oliuiero
     Che per trouare il principe d’Anglante
     Quiui conduſſe il piú dritto ſentiero,
     Quiui fur preſi, e ſuro il giorno inante
     Mandati via dal Saracino altiero,
     Di queſti l’arme ſé la donna torre
     Da l’alta mole: e chiuder ne la torre.