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44 la cassaria.


Volpino.     Mi par che abbia indosso la tua veste: sì, ben la riconosco.

Crisobolo.     E di che mi corruccio io?

Volpino.     E lo tuo cappello in capo.

Crisobolo.     Mi par che abbia del mio fino alle scarpe.

Volpino.     È così, per dio: questa è la più strana pratica del mondo. Non gli hai tu domandato chi l’ha del tuo sì messo in punto?

Crisobolo.     Che vuoi tu ch’io gli domandi, se non mi sa rispondere, e s’egli è mutolo?

Volpino.     Fa che tu l’accenni. Ma lascia domandarlo a me, che lo soglio intendere non meno ch’io faccia te.

Crisobolo.     Domándalo.

Volpino.     Chi t’ha dato la veste del patrone? cotesta, cotesta donde l’hai avuta?

Crisobolo.     (Questo pazzo ragiona con le mani come fanno gli altri con la lingua.) Sai tu che dica?

Volpino.     Chiaro accenna che uno qui di casa gli ha tolti i suoi panni, e che gli ha lasciati questi fin che torni, e per ciò t’attendeva egli.

Crisobolo.     Un qui di casa? deh fa, se sai, che ti accenni qual di casa è stato.

Volpino.     Faròllo.

Crisobolo.     (Io gli guaterei cento anni alle mani, e non saperei un minimo costrutto cavarne.) Che vuol dire quando leva la mano, e che si tocca or il capo or il volto?

Volpino.     Mostra che è stato un grande, asciutto, che ha grosso il naso, ed è canuto, e che parli in fretta.

Crisobolo.     Io credo che voglia dire il Nebbia, ch’altro non è in casa così fatto. Ma come sa che parli in fretta? adunque ode costui?

Volpino.     Non ho detto che parli in fretta, ma che partì in fretta. Vuol dire ch’è il Nebbia senza fallo: tu l’hai più presto inteso, che non ho io.

Crisobolo.     Che ha voluto fare quel pazzo a tôrre i panni di questo mutolo?

Volpino.     Or m’appongo perchè: poichè s’ha veduto mancare la cassa, si debbe esser fuggito; e per non esser conosciuto, si sarà d’abito mutato.

Crisobolo.     Perchè non ha più presto lasciato a costui li suoi panni, che li miei?

Volpino.     Che diavol so io? Non conosci tu come è pazzo?