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282 | canzone prima. |
Dico che ’l giorno che di voi m’accesi
Non fu il primo che ’l viso
25Pien di dolcezza ed i real costumi
Vostri mirassi,1 affabili e cortesi;
Nè che mi fosse avviso
Che meglio unqua mirar non potean lumi:
Ma selve e monti e fiumi
30Sempre dipinsi innanzi al mio disire,
Per levargli l’ardire
D’entrar in via dove per guida pórse
Io vedea la speranza, e star in forse.
Quinci lo tenni e mesi ed anni escluso;
35E dove più sicura
Strada pensai, lo vôlsi ad altro corso:2
Credendo poi che più potesse l’uso
Che ’l destin, di lui cura
Non ebbi; ed ei, tosto che senza morso3
40Sentissi, ebbe ricorso
Dov’era il natural suo primo istinto;
Ed io nel laberinto
Prima lo vidi, ove ha da far sua vita,
Che a pensar tempo avessi a dargli aita.
45Nè il dì nè l’anno tacerò nè il loco
Dove io fui preso, e insieme
Dirò gli altri trofei ch’allora aveste,
Tal che appo loro il vincer me fu poco.
Dico, dà che il suo seme
50Mandò nel chiuso ventre il Re celeste,
Avean le rôte preste
Dell’omicida lucido d’Achille4
Rifatto il giorno mille
E cinquecento tredici fiate,
55Sacro al Battista in mezzo della state.
Nella tosca città, che questo giorno
Più riverente onora,
- ↑ Mostra di aver conosciuta l’Alessandra altrove, prima che in Firenze.
- ↑ Vorrebbesi riferibile alla Canzone posta da noi fra le attribuite, che comincia: «Quando il sol parte ec.»
- ↑ Senza il ritegno procedente dal legame maritale di Alessandra con lo Strozzi.
- ↑ Apollo, che diresse lo strale avvelenato di Paride quando colpì Achille nel tallone. — (Molini.)