Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/68

62 canto


16
     All’Immortalitade il luogo è sacro,
ove una bella ninfa giú del colle
viene alla ripa del leteo lavacro,
e di bocca dei cigni i nomi tolle;
e quelli affige intorno al simulacro
ch’in mezzo il tempio una colonna estolle:
quivi li sacra, e ne fa tal governo,
che vi si pôn veder tutti in eterno.

17
     Chi sia quel vecchio, e perché tutti al rio
senza alcun frutto i bei nomi dispensi,
e degli augelli, e di quel luogo pio
onde la bella ninfa al fiume viensi,
aveva Astolfo di saper desio
i gran misteri e gl’incogniti sensi;
e domandò di tutte queste cose
l’uomo di Dio, che cosí gli rispose:

18
     — Tu déi saper che non si muove fronda
lá giú, che segno qui non se ne faccia.
Ogni effetto convien che corrisponda
in terra e in ciel, ma con diversa faccia.
Quel vecchio, la cui barba il petto inonda,
veloce sí che mai nulla l’impaccia,
gli effetti pari e la medesima opra
che ’l Tempo fa lá giú, fa qui di sopra.

12
     Volte che son le fila in su la ruota,
lá giú la vita umana arriva al fine.
La fama lá, qui ne riman la nota;
ch’immortali sariano ambe e divine,
se non che qui quel da la irsuta gota,
e lá giú il Tempo ognior ne fa rapine.
Questi le getta, come vedi, al rio;
e quel l’immerge ne l’eterno oblio.