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66 canto


124
     Quivi con Grifon stando il paladino,
viene Aquilante, e lo conosce tosto
che parlar col fratel l’ode vicino,
e il voler cangia, ch’era mal disposto.
Giungean molti di quei di Norandino,
ma troppo non ardian venire accosto;
e tanto piú, vedendo i parlamenti,
stavano cheti, e per udire intenti.

125
     Alcun ch’intende quivi esser Marfisa,
che tiene al mondo il vanto in esser forte,
volta il cavallo, e Norandino avisa
che s’oggi non vuol perder la sua corte,
proveggia, prima che sia tutta uccisa,
di man trarla a Tesifone e alla Morte;
perché Marfisa veramente è stata,
che l’armatura in piazza gli ha levata.

126
     Come re Norandino ode quel nome
cosí temuto per tutto Levante,
che facea a molti anco arricciar le chiome,
ben che spesso da lor fosse distante,
è certo che ne debbia venir come
dice quel suo, se non provede inante;
però gli suoi, che giá mutata l’ira
hanno in timore, a sé richiama e tira.

127
     Da l’altra parte i figli d’Oliviero
con Sansonetto e col figliuol d’Otone,
supplicando a Marfisa, tanto fêro,
che si diè fine alla crudel tenzone.
Marfisa, giunta al re, con viso altiero
disse: — Io non so, signor, con che ragione
vogli quest’arme dar, che tue non sono,
al vincitor de le tue giostre in dono.