Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/47


decimottavo 41


24
     Con tutte l’arme andò per mezzo l’acque,
come s’intorno avesse tante galle.
Africa, in te pare a costui non nacque,
ben che d’Anteo ti vanti e d’Anniballe.
Poi che fu giunto a proda, gli dispiacque,
che si vide restar dopo le spalle
quella cittá ch’avea trascorsa tutta,
e non l’avea tutta arsa né distrutta.

25
     E sí lo rode la superbia e l’ira,
che, per tornarvi un’altra volta, guarda,
e di profondo cor geme e sospira,
né vuolne uscir, che non la spiani et arda.
Ma lungo il fiume, in questa furia, mira
venir chi l’odio estingue e l’ira tarda.
Chi fosse io vi farò ben tosto udire;
ma prima un’altra cosa v’ho da dire.

26
     Io v’ho da dir de la Discordia altiera,
a cui l’angel Michele avea commesso
ch’a battaglia accendesse e a lite fiera
quei che piú forti avea Agramante appresso.
Uscí de’ frati la medesma sera,
avendo altrui l’ufficio suo commesso:
lasciò la Fraude a guerreggiare il loco,
fin che tornasse, e a mantenervi il fuoco.

27
     E le parve ch’andria con piú possanza,
se la Superbia ancor seco menasse;
e perché stavan tutte in una stanza,
non fu bisogno ch’a cercar l’andasse.
La Superbia v’andò, ma non che sanza
la sua vicaria il monaster lasciasse:
per pochi dí che credea starne absente,
lasciò l’Ipocrisia locotenente.