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trentesimoprimo 427


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     E quivi s’incomincia una battaglia
di ch’altra mai non fu piú fiera in vista.
Non crede l’un che tanto l’altro vaglia,
che troppo lungamente gli resista.
Ma poi che ’l paragon ben gli ragguaglia,
né l’un de l’altro piú s’allegra o attrista,
pongon l’orgoglio et il furor da parte,
et al vantaggio loro usano ogn’arte.

21
     S’odon lor colpi dispietati e crudi
intorno rimbombar con suono orrendo,
ora i canti levando a’ grossi scudi,
schiodando or piastre, e quando maglie aprendo.
Né qui bisogna tanto che si studi
a ben ferir, quanto a parar, volendo
star l’uno a l’altro par; ch’eterno danno
lor può causar il primo error che fanno.

22
     Durò l’assalto un’ora e piú che ’l mezzo
d’un’altra; et era il sol giá sotto l’onde,
et era sparso il tenebroso rezzo
de l’orizzon fin all’estreme sponde;
né riposato o fatto altro intermezzo
aveano alle percosse furibonde
questi guerrier, che non ira o rancore,
ma tratto all’arme avea disio d’onore.

23
     Rivolve tuttavia tra sé Rinaldo
chi sia l’estrano cavallier sí forte,
che non pur gli sta contra ardito e saldo,
ma spesso il mena a risco de la morte;
e giá tanto travaglio e tanto caldo
gli ha posto, che del fin dubita forte:
e volentier, se con suo onor potesse,
vorria che quella pugna rimanesse.