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410 canto


48
     Quinci e quindi venir si vede il bianco
augel che Giove per l’aria sostenne;
come ne la Tessalia si vide anco
venir piú volte, ma con altre penne.
Guanto sia l’uno e l’altro ardito e franco,
mostra il portar de le massiccie antenne;
e molto piú, ch’a quello incontro duro,
quai torri ai venti, o scogli all’onde furo.

49
     I tronchi fin al ciel ne sono ascesi:
scrive Turpin, verace in questo loco,
che dui o tre giú ne tornaro accesi,
ch’eran saliti alla sfera del fuoco.
I cavallieri i brandi aveano presi:
e come quei che si temeano poco,
si ritornaro incontra; e a prima giunta
ambi alla vista si ferir di punta.

50
     Ferîrsi alla visiera al primo tratto;
e non miraron, per mettersi in terra,
dare ai cavalli morte, ch’è mal atto,
perch’essi non han colpa de la guerra.
Chi pensa che tra lor fosse tal patto,
non sa l’usanza antiqua, e di molto erra:
senz’altro patto, era vergogna e fallo
e biasmo eterno a chi feria il cavallo.

51
     Ferirsi alla visiera, ch’era doppia,
et a pena anco a tanta furia resse.
L’un colpo appresso all’altro si raddoppia:
le botte piú che grandine son spesse,
che spezza fronde e rami e grano e stoppia,
e uscir invan fa la sperata messe.
Se Durindana e Balisarda taglia,
sapete, e quanto in queste mani vaglia.