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decimosettimo 23


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     Veduto ciò, Martano ebbe paura
che parimente a sé non avvenisse;
e ritornando ne la sua natura,
a pensar cominciò come fugisse.
Grifon, che gli era appresso e n’avea cura,
lo spinse pur, poi ch’assai fece e disse,
contra un gentil guerrier che s’era mosso,
come si spinge il cane al lupo adosso;

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     che dieci passi gli va dietro o venti,
e poi si ferma, et abbaiando guarda
come digrigni i minacciosi denti,
come negli occhi orribil fuoco gli arda.
Quivi ov’erano e principi presenti
e tanta gente nobile e gagliarda,
fuggí lo ’ncontro il timido Martano,
e torse ’l freno e ’l capo a destra mano.

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     Pur la colpa potea dar al cavallo,
chi di scusarlo avesse tolto il peso;
ma con la spada poi fe’ sí gran fallo,
che non l’avria Demostene difeso.
Di carta armato par, non di metallo;
sí teme da ogni colpo essere offeso.
Fuggesi al fine, e gli ordini disturba,
ridendo intorno a-llui tutta la turba.

91
     Il batter de le mani, il grido intorno
se gli levò del populazzo tutto.
Come lupo cacciato, fe’ ritorno
Martano in molta fretta al suo ridutto.
Resta Grifone; e gli par de lo scorno
del suo compagno esser macchiato e brutto:
esser vorrebbe stato in mezzo il foco,
piú tosto che trovarsi in questo loco.