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266 canto


36
     In terra, in aria, in mar, sola son io
che patisco da te sí duro scempio;
e questo hai fatto acciò che l’error mio
sia ne l’imperio tuo l’ultimo esempio.
La moglie del re Nino ebbe disio,
il figlio amando, scelerato et empio,
e Mirra il padre, e la Cretense il toro:
ma gli è piú folle il mio, ch’alcun dei loro.

37
     La femina nel maschio fe’ disegno,
speronne il fine, et ebbelo, come odo:
Pasife ne la vacca entrò del legno,
altre per altri mezzi e vario modo.
Ma se volasse a me con ogni ingegno
Dedalo, non potria scioglier quel nodo
che fece il mastro troppo diligente,
Natura d’ogni cosa piú possente. —

38
     Cosí si duole e si consuma et ange
la bella donna, e non s’accheta in fretta.
Talor si batte il viso e il capel frange,
e di sé contra sé cerca vendetta.
La mia sorella per pietá ne piange,
et è a sentir di quel dolor constretta.
Del folle e van disio si studia trarla,
ma non fa alcun profitto, e invano parla.

39
     Ella ch’aiuto cerca e non conforto,
sempre piú si lamenta e piú si duole.
Era del giorno il termine ormai corto,
che rosseggiava in occidente il sole,
ora oportuna da ritrarsi in porto
a chi la notte al bosco star non vuole;
quando la donna invitò Bradamante
a questa terra sua poco distante.