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canto ventesimoquarto 229


4
     Signor, ne l’altro canto io vi dicea
che ’l forsennato e furïoso Orlando
trattesi l’arme e sparse al campo avea,
squarciati i panni, via gittato il brando,
svelte le piante, e risonar facea
i cavi sassi e l’alte selve; quando
alcun’ pastori al suon trasse in quel lato
lor stella, o qualche lor grave peccato.

5
     Viste del pazzo l’incredibil prove
poi piú d’appresso e la possanza estrema,
si voltan per fuggir, ma non sanno ove,
sí come avviene in subitana tema.
Il pazzo dietro lor ratto si muove:
uno ne piglia, e del capo lo scema
con la facilitá che torria alcuno
da l’arbor pome, o vago fior dal pruno.

6
     Per una gamba il grave tronco prese,
e quello usò per mazza adosso al resto:
in terra un paio addormentato stese,
ch’al novissimo dí forse fia desto.
Gli altri sgombraro subito il paese,
ch’ebbono il piede e il buono aviso presto.
Non saria stato il pazzo al seguir lento,
se non ch’era giá volto al loro armento.

7
     Gli agricultori, accorti agli altru’esempli,
lascian nei campi aratri e marre e falci:
chi monta su le case e chi sui templi
(poi che non son sicuri olmi né salci),
onde l’orrenda furia si contempli,
ch’a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci,
cavalli e buoi rompe, fraccassa e strugge;
e ben è corridor chi da lui fugge.