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216 canto


92
     Al Saracin parea discortesia
la proferta accettar di Doralice;
ma fren gli fará aver per altra via
Fortuna a’ suoi disii molto fautrice.
Quivi Gabrina scelerata invia,
che, poi che di Zerbin fu traditrice,
fuggia, come la lupa che lontani
oda venire i cacciatori e i cani.

93
     Ella avea ancora indosso la gonnella,
e quei medesmi giovenili ornati
che furo alla vezzosa damigella
di Pinabel, per lei vestir, levati;
et avea il palafreno anco di quella,
dei buon del mondo e degli avantaggiati.
La vecchia sopra il Tartaro trovosse,
ch’ancor non s’era accorta che vi fosse.

94
     L’abito giovenil mosse la figlia
di Stordilano, e Mandricardo a riso,
vedendolo a colei che rassimiglia
a un babuino, a un bertuccione in viso.
Disegna il Saracin torle la briglia
pel suo destriero, e riuscí l’aviso.
Toltogli il morso, il palafren minaccia,
gli grida, lo spaventa, e in fuga il caccia.

95
     Quel fugge per la selva, e seco porta
la quasi morta vecchia di paura
per valli e monti e per via dritta e torta,
per fossi e per pendici alla ventura.
Ma il parlar di costei sí non m’importa,
ch’io non debba d’Orlando aver piú cura,
ch’alla sua sella ciò ch’era di guasto,
tutto ben racconciò sanza contrasto.