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ventesimo 133


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     Per scender dal palazzo al mare e al porto,
la piazza traversar si convenia,
né v’era altro camin lungo né corto:
cosí Guidon disse alla compagnia.
E poi che di ben far molto conforto
lor diede, entrò senza rumore in via;
e ne la piazza, dove il popul era,
s’appresentò con piú di cento in schiera.

85
     Molto affrettando i suoi compagni, andava
Guidone all’altra porta per uscire:
ma la gran moltitudine che stava
intorno armata, e sempre atta a ferire,
pensò, come lo vide che menava
seco quegli altri, che volea fuggire;
e tutta a un tratto agli archi suoi ricorse,
e parte, onde s’uscia, venne ad opporse.

86
     Guidone e gli altri cavallier gagliardi,
e sopra tutti lor Marfisa forte,
al menar de le man non furon tardi,
e molto fêr per isforzar le porte:
ma tanta e tanta copia era dei dardi
che, con ferite dei compagni e morte,
pioveano lor di sopra e d’ogn’intorno,
ch’al fin temean d’averne danno e scorno.

87
     D’ogni guerrier l’usbergo era perfetto;
che se non era, avean piú da temere.
Fu morto il destrier sotto a Sansonetto;
quel di Marfisa v’ebbe a rimanere.
Astolfo tra sé disse: — Ora, ch’aspetto
che mai mi possa il corno piú valere?
Io vo’ veder, poi che non giova spada,
s’io so col corno assicurar la strada. —