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canto terzo 43


4
     Levando intanto queste prime rudi
scaglie n’andrò con lo scarpello inetto:
forse ch’ancor con piú solerti studi
poi ridurrò questo lavor perfetto.
Ma ritorniamo a quello, a cui né scudi
potran né usberghi assicurare il petto:
parlo di Pinabello di Maganza,
che d’uccider la donna ebbe speranza.

5
     Il traditor pensò che la donzella
fosse ne l’alto precipizio morta;
e con pallida faccia lasciò quella
trista e per lui contaminata porta,
e tornò presto a rimontare in sella:
e come quel ch’avea l’anima torta,
per giunger colpa a colpa e fallo a fallo,
di Bradamante ne menò il cavallo.

6
     Lascián costui, che mentre all’altrui vita
ordisce inganno, il suo morir procura;
e torniamo alla donna che, tradita,
quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura.
Poi ch’ella si levò tutta stordita,
ch’avea percosso in su la pietra dura,
dentro la porta andò, ch’adito dava
ne la seconda assai piú larga cava.

7
     La stanza, quadra e spazïosa, pare
una devota e venerabil chiesa,
che su colonne alabastrine e rare
con bella architettura era suspesa.
Surgea nel mezzo un ben locato altare,
ch’avea dinanzi una lampada accesa;
e quella di splendente e chiaro foco
rendea gran lume all’uno e all’altro loco.