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quintodecimo 331


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     Sotto la fede entrar, sotto la scorta
di questo capitan di ch’io ti parlo,
veggio in Italia, ove da lui la porta
gli sará aperta, alla corona Carlo.
Veggio che ’l premio che di ciò riporta,
non tien per sé, ma fa alla patria darlo:
con prieghi ottien ch’in libertá la metta,
dove altri a sé l’avria forse suggetta.

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     Questa pietá ch’egli alla patria mostra,
è degna di piú onor d’ogni battaglia
ch’in Francia o in Spagna o ne la terra vostra
vincesse Iulio, o in Africa o in Tessaglia.
Né il grande Ottavio, né chi seco giostra
di par, Antonio, in piú onoranza saglia
pei gesti suoi; ch’ogni lor laude amorza
l’avere usato alla lor patria forza.

34
     Questi et ogn’altro che la patria tenta
di libera far serva, si arrosisca;
né dove il nome d’Andrea Doria senta,
di levar gli occhi in viso d’uomo ardisca.
Veggio Carlo che ’l premio gli augumenta;
ch’oltre quel ch’in commun vuol che fruisca,
gli dá la ricca terra ch’ai Normandi
sará principio a farli in Puglia grandi.

35
     A questo capitan non pur cortese
il magnanimo Carlo ha da mostrarsi,
ma a quanti avrá ne le cesaree imprese
del sangue lor non ritrovati scarsi.
D’aver cittá, d’aver tutto un paese
donato a un suo fedel, piú ralegrarsi
lo veggio, e a tutti quei che ne son degni,
che d’acquistar nuov’altri imperii e regni. —