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canto duodecimo 257


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     Poi che, orribil come era e spaventosa,
l’ebbe da parte ella mirata alquanto,
e che le parve assai pericolosa
cosí da l’un come da l’altro canto;
di veder novitá voluntarosa,
disegnò l’elmo tor, per mirar quanto
fariano i duo guerrier, vistosel tolto;
ben con pensier di non tenerlo molto.

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     Ha ben di darlo al conte intenzïone;
ma se ne vuole in prima pigliar gioco.
L’elmo dispicca, e in grembio se lo pone,
e sta a mirare i cavallieri un poco.
Di poi si parte, e non fa lor sermone;
e lontana era un pezzo da quel loco,
prima ch’alcun di lor v’avesse mente:
sí l’uno e l’altro era ne l’ira ardente.

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     Ma Ferraú, che prima v’ebbe gli occhi,
si dispiccò da Orlando, e disse a lui:
— Deh come n’ha da male accorti e sciocchi
trattati il cavallier ch’era con nui!
Che premio fia ch’al vincitor piú tocchi,
se ’l bel elmo involato n’ha costui? —
Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira:
non vede l’elmo, e tutto avampa d’ira.

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     E nel parer di Ferraú concorse,
che ’l cavallier che dianzi era con loro
se lo portasse; onde la briglia torse,
e fe’ sentir gli sproni a Brigliadoro.
Ferraú che del campo il vide tôrse,
gli venne dietro; e poi che giunti fôro
dove ne l’erba appar l’orma novella
ch’avea fatto il Circasso e la donzella;