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NOVELLA XX

Misser Lorenro, cavallerò araldo, se lassa convenire denanti al pretore da uno notaro, al quale è dimostrato non essere in bono sentimento; e misser Lorenzo libero se parte, lassando il notaro schernito e desperato.

Credo, reputatissimo conte, valorosi gentilomini e graziosissime donne, che per fama abiate cognosciuto un misser Lorenzo, che fu de la nostra illustre comunitá cavaliero araldo onoratissimo, molto faceto e prudente, la cui virtute cum gran piacere a qualunca principe fu grata, e, secando se dice, in alcun altro de bella presenzia, de facundia, de pratica, de costumi, de gesti, de varie lingue, de optime e conveniente parole e virtude si copioso cumulo si trovò giamai. Epso non poche fiate fu adoperato per la republica nostra, per la quale essendo una fiata mandato a misser Bernabò, signor de Milano, in tal modo a la sua Signoria piacque lo ingegno de misser Lorenzo, che lo munificò de uno suo rico manto brocato d’oro, affigurato de megi boi (a memoria del suo nome), foderato de ermelini, el quale da poi ne li solenni giorni, avanti li nostri magnifici signori, in memoria del donatore el portava. Epso misser Lorenzo adunque, essendo spesso visitato piú per derisione che per amore da uno nostro notaro bolognese de bona famiglia (il cui nome voglio tacere, per non dare alcuno incarico a’ suoi successori), deliberò, come quello che era d’altri optimo schernitore, de giuntarlo. Essendo adunque un giorno questo notaro andato a casa de misser Lorenzo, e trovatolo molto de pensieri gravato (ché cusi infingeva), li dixe; — Che aveti, misser Lorenzo? El pare che vui siate pieno d’affanno, che cusi soleti bertegiare. — Respose misser Lorenzo, sospirando: — lo ho pensieri e melinconia assai, e piú che mai avesse a la mia vita, perché el