Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/75

e per l’acto evidente e per la robusta ciera de costui, non fu senza paura, dubitando de qualche scandaloso eifecto. Onde, consigliatosi nel secreto animo, come prudentissimo uomo, dixe al Bazzo queste parole; — Figliuol mio, la confessione rechede sopra ogni altra cosa pacienzia e umiltate per remissione de’ peccati : però non te sia fatica l’aspectare un poco, che andarò fin in la biblioteca e vederò in libro de confessione, circa questo gravissimo peccato, la determinazione de li sacri doctori, per absolverte. — A le quale parole acquiescendo el Bázzo, el frate uscie de la cella e andò a chiamare tre altri frati gioveni e gagliardi, narrandoli la insolcnzia de questo uomo avea confessato. Dixe che li parerla bono e conveniente darli de le fructe de l’asino. 11 che a quilli gioveni frati piacendo, ciascuno di loro presto tolse in mano uno grosso bastone, e, andando a la cella dove era el Bazzo, se poseno ivi fuori appresso russo. 11 quale aprendo quello al bussare, il confessore dixe: — Baccio, vieni fuori, ché io te voglio per tuo contentamento absolvere, avendo molto bene trovato il modo. — Lui, vedendo li frati cum li bastoni in mano e avendo paura de quello li sarebbe intravenuto, se savio non fusse stato, se recommandò cum le braccie in croce a loro; li quali, doppo le debite admonizione e agre reprensione, lo cacciarono via, dicendoli : — Uomo diavoloso, le bastonate te sarebbono piú conveniente per penitenzia, che paternostri. — Andatose adunque via el Bazzo, il confessore, quantunque avesse avuto paura, e non poca, se ne rise assai cum gli altri frati de l’insolente caso occorso. Quale da poi frate Ruberto, de’ predicatori glorioso principe, essendo in pulpito nel magnificentissimo delubro de San Petronio nostro, dove avea mirabile audienzia, predicando de la confessione, a certo proposito recordò; dove li auditori a grandissime rise provocati furono. I piacevoli casi de la confessione di Bazzo e la proveduta penitenzia de li frati, dignissimo mio signore, dettene materia de ridere molto a la brigata, quantunca d’alcuni gentili fiorentini, e specialmente dal cavaliero Vespucio, splendore de la