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NOVELLA Xlll

Bazro de Piero Anselmuzo, essendo grande tempo non s’era confessato, se confessa; e, per esser caduto nel vizio contra natura, il confessore noi vuole absolvere, e lui il minacia: poi, per paura de esser batuto, diventa piacevol e umano.

Le Vostre Magnifícenzie, nobilissima compagnia, debbano sapere che, quando andai a Parise per satisfare ad uno mio desiderio, come alcuni de vui se ponno recordare, in camino, come accade, presso Lione, citate del re di Pranza, presi domesticheza cum uno fiorentino chiamato Bazzo de Piero Anselmuzo, uomo piú che vedesse mai solacevole e compagnone, e stato gran tempo (secundo il dire suo) marinaro; la quale cosa credo fusse vera, perché era uomo piú tosto scandoloso che non, e di poca conscienzia, com’è natura de artifíci marini. quale domesticheza tanto crebbe, che, per l’amore me prese, il condussi a la tornata a Bologna, in casa mia, dove, per presidio de li amici, e maximamente per la reverenda auctoritá de la inclita casa Bentivoglia (essedoli per afiínitá e suoi benemeriti deditissimo), el posi de la illustre communitá nostra onorevole provisionato. Inde, perseverando in la presa familiaritá, venne la quadragesima, tempo di penitenzia propinquo a la universale confessione. E, amando io questo Bazzo, poco obediente a li precepti de la Chiesia, come fidele cristiano vòlsi, per cantate del proximo e come optimo amico, dimo.strarme amantissimo de l’anima sua, la quale sapeva era gravata de peccati, per essere stato molto tempo e forsi non mai confessato. Onde uno giorno cum gran fatica il condussi al monte fuori de San Marno, a la chiesia de San Paulo, officiata da’ devoti religiosi del serafo Francesco de observanzia; e, trovato un frate parmesano, religioso de bona doctrina e de bona vita, lo pregai volesse confessare questo mio amico. E, respondendo essere contento, il menai a la sua cella. E ivi postosi a sedere, e costui a’ piedi, confessandose, pervenne al disordinato