Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/421

Illustri ac magnammo principi domino Francisco de Gonxiaga, Manluanorum marchioni, Ioannes Sabadinus de Arienlis salulem. Vorei, secundo el mio desiderio, magnanimo principe, avere piú degno subietto che questo, quale or a scrivere me induce, per fare noto la mia affezione in la Tua illustre Signoria, perché quella, come splendore de lo italico nome, meriterebbe intendere opere d’arme gloriose e magne, e non cose ridicule. Ma, essendo non solo persuaso, ma pregato dal mio messer Andrea, magnanimo nostro clarissimo citadino, vero ornamento de la nostra inclita citate e del tuo valoroso nome obscrvantissimo, che io te scriva per uno solacio una facezia al presente inopinatamente occorsa per tri giorni nel felice palazzo del nostro Benlivoglio principe, di uno canonico regolare nominato Ateone (il quale, secondo intendo, è piacevole cognoscente de la Tua Celsitudine), il quale dimorava, sono brevissimi giorni, in casa de epso Bentivoglio principe; de la quale facezia essendo certo Tua Signoria ne averá per la veritá piacere e riso grande, per interposizione a le cure del tuo tranquillo Stato, non sdeg^nará per sua mansuetudine il basso stile, ma accepterá la mia fede, sperando un’altra volta de piú alta materia essere da me refrigerato. La Tua Excellenzia, dunque, signor mio caro, debbe sapere che, essendo don Baptista de Signa, capellano del nostro eminentissimo messer Ioanne Bentivoglio, alquanto infirmo, la mia illustre e pudicissima madonna C3inevera Sforza, sua consorte, per solita sua caritate adimandò come lui stava. Respose Alexandro Campanazo, nostro citadino, giovene morigeralo e de la casa molto familiare, che non avea male da periculo. Poi epso sinceramente sogiunse : — Madonna, se don Baptista morisse (che Dio el guardi!), li suoi benefici, e maxime la pieve da Rofeno, sarebbeno boni qui