Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/413

degli adulazione omini amorevolmente de probatíssima li vita ricordino ed eximia a le volte virtú, tirare e che il senza freno a cioché, cielo r indiscreti viver gloriosamente possa? appietiti Chi de operando, será la trabuchevole quello cum tanto digna insolerte sensualitá fama in e umana, pigro, terra e che ac- in non tanto voglia avaro, desiderare che per avarizia p>er fama extingua vivere sempre la sua  ? gloria Chi será e nome? quello Chi será quello ancora tanto tenero a li sensuali spiriti e fragile per piacere del ventre, e dedito a le piume, non pona ogni sua ad eterno opera, studio gaudio e del diligenzia suo spirto, in acquistare per av’ere virtuosa in questo fama e seculo gloria lassato a li presenti e a li futuri di si virtuosi documenti ed incliti exempli? Unde, magnifici gentilomini, drizzando a Dio ogni nostra opera, ogni nostro consiglio, ogni nostra intenzione e pensiero, cerchiamo, per essere nel numero degli electi, il tesauro diuturno e sempiterno, per vivere eternamente. E questo fia quanto per me s’è potuto a la vostra illustre e divina petizione e a li desidèri de li vostri generosi animi satisfare. La magnifica compagnia, illustrissimo principe e caro mio signore, avendo intese l’alte condizione de l’anima immortale, de quanto desiderava sapere ringraziò saviamente e cum reverenzia e dolcezza el teologo venerando, che cum efficacissime rasone e teologici documenti tanto misterio dilucidato aveva. E apresso rendè non poche grazie e mercede al magnifico misser Galeazzo Marescotto, cavaliero splendidissimo e famoso, che, per effecti illustri de magnanimitá ne la sua novella narrati, era da lui causato il divin parlare; dicendo che questo avea audito, non erano giá stati lascivi amori, né sospiri né pianti d’alti casi, né cose da poeti fincte. Ma cum efficace parole epsa compagnia concluse che l’uomo doverebbe ogni affanno e fatica durare al mondo per conseguire onore, gloria, nome e fama, per la cui excellenzia e virtú beata alfine è opportuno, facendose degno del cielo, gustare la eterna pace. E cusi, cum queste sancte parole, la brigata, levandose da sedere sopra l’erba, retornò al suo alogiamento; dove il conte.