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sepulcro, in merito de la sua virtú, forza e gagliardia. Il che facto, li nostri oratori, stati alcuni giorni cum festa e trionfo apresso la Sua Maiestá, tolto reverentemente comiato da lei, se partirono e véneno a Bologna; dove la capitulata lege ebbe felice fine, e cum molta grazia de’ nostri citadini ; quantunque poco tempo durasse, perché a Dio de la beata anima de tanto glorioso principe il suo regno celeste piacque ornare. Non potrei, excellentissimo duca ed observandissimo mio signore, cum penna explicare cum quanta admirazione fusse auscultata la narrata novella e disputazione de li bolognesi oratori da la generosa compagnia, per molti rispecti, e maxime per esser stata recordata da quella la degna memoria del genitore del conte, quando da Nicolao pontefice quinto fu decorato de militare splendore e facto lui e suoi posteri conte del palazzo Latcrano e del sacro concistoro, e ornato de rutilante cingolo d’oro, e poi, in amplitudine de la data milizia e dignitate e in gloria de la patria, factoli per Sua Sanctitá dono de la sacra spada, de la quale se sòie munificare solamente li magni principi; e poi, cum la benediczione del papa, acompagnato da tutti li cardinali e da la corte apostolica e gente d’arme, che alora erano in Roma, fin a la sua abitazione. De che, intrando poi in Bologna, per apostolica obbedienza fu cum gran leticia e cum grandissimo onore de tutti li primati e citadini recevuto, e da’ nostri magistr.ati li fu donato uno vexillo, un scudo e soprave.sta de finissima seta cum l’arme de la nostra Signoria, e factogli una splendida orazione per el reverendissimo cardinale Niceno Greco, in quel tempo a Bologna legato apostolico, tractante la importanzia de tanto dono, come ne l’armario nostro publico appare. Per il che e Roma e Bologna per uno medesimo effecto tra pochi giorni de tanta illustre onoranza fecer triunfo e festa. E sopra questa dignitá essendose per la magnifica compagnia de longo parlato, cum dolce laude e precòni del genitore del conte, quale non ha avuto a’ nostri tempi manco meriti apresso la nostra republica, che Metello o Quinto Fabio Maximo apresso lí romani, il conte ringraziò cum dolce maniera li recordanti