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morendo, noi possiamo dui validi testamenti overo simplici codicilli fare, e che la nostra robba a chi ne pare possiamo lassare, quantunque glie obstasse la proibizione paterna ; perché sempre el cavaliero per excellenzia s’intende patre de famiglia: che simile privilegio ad altri non è concesso, ché la eredita non può aver effecto senza instituzione del testamento. Dove se può manifestamente compreendere che le lege cedono a tanta dignitate ; la quale è de tanta importanziu, che, commettendo el cavaliero alcuna ingratitudine, peccato nefandissimo, debbe essere de la milizia deposto e privato, perché la condizione sua ogni gratitudine, ogni prestanzia ed ogni excellenzia in sé rechede. Ma che dirò io, serenissimo re? Non è questa dignitá de tanto effecto, che ogni re ed imperatore, a volere mostrare legitimaraente la sua gloria ed excellenzia, convene in epsa essere de quella ornato? Per le quale rasone dico ch’el cavaliero debbe essere al doctore e al conte apostolico in onore preferito, el quale conte, non avendo contado né dominio, è conte abusivo. E, quantunque a questi tempi non se conseqiia la milizia cum queste debite solemnitá, né epsa se conservi in quella intieramente, pur, considerato la sua origine e fundamento e quanto de sopra ho dicto, a loro debbiamo meritamente essere preferiti. Molte altre rasone e privilegi in augumento del militare onore addure al presente se potrebbono, quale, per non occupare troppo il tempo, voglio sotto silenzio passare, existimando quanto ho narrato debba a la serenitá de la vostra mente satisfare; come ancora le Excellenzie de questi mei onorati cumpagni, non li potendo contradire, cederanno, — E, questo dicto, se tacque. Misser Zoanne Andrea, avendo le allegate rasone de misser Bertoldo intese e cum prudente consiglio examinate, in questa forme respose: — Serenissimo re, negare non se puote che misser Bertoldo non abia de la sua dignitá li effecti egregiamente narrati, advegnaché molte piú cose sopra ciò se potrebbeno addure al favore de la milizia, linde, confírmando ciò che ha dicto, secondo vòleno li nostri iurisconsulti Modestino, Ulpiano, Paulo e Papiniano, de tutti eminentissimo, e lustiniano imperatore e Graziano nel Decreto, referendo le parole del divo