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e repigliarono un poco el naturale vigore, recominciavano abraciarsi; ma ogni cosa era invano, perché, quanto piú se affaticavano, tanto l’uno poteva manco vincere l’altro, perché le loro forze erano pare. E, in questa faticosa guerra piú de doi ore dimorati, parve ai conte Ermes de poner fine a tanta fatica; onde, voltatose a la bella e vaga donna cum dolce e lieta faza, dixe: — Diamante mia cara, vivi secura e certa che questi cavalieri prima de fatica e d’affanni morirebbeno, che mai l’uno de l’altro remanesse vincitore, ché cosí le fiamme del tuo amore li comanda. E però da partito si duro ormai li licenzia, e ad altro piú piacevole li poni. — 1-a donna, parendoli savio el consiglio del conte, come quella che altro non disiava, respose piacerli quello summamente. Di che el conte Ermes gettato nel steccato uno ramo d’oliva in segno de pace, fu sonato incontinente la tromba e comandato a li cavalieri che ponesseno fine a la dura battaglia e denanti al conte Ermes se presentasseno. Li quali, per obedire, presto se cavarono li percossi elmi, dove per l’aspra bataglia e per la durata fatica si vedevano li lor visi de sudore coperti e pallidi tutti e tumefaclí devenuti. E, giunti cum reverenzia denanti al conte e a la vaga donna, ella in questa maniera dixe a loro: — Valorosi cavalieri, per virtú e legiadria vostra da me quanto me istessa amati, per volere una volta dare fine a li nostri comuni affanni, ve ho proposito el partito de questa bataglia, ne la quale voi, come strenui e fideli amanti, avete in tal modo monstrato le forze del vostro animo e corpo, che ambedui siete cum vostra summa gloria invicti ; la quale non solamente viverá in questa nostra etade, ma mille e mille anni, e finch’el sole de levante in ponente fará suo corso. Per questa casone a me è piaciuto, per non vedere de voi dura e stentosa morte, se sia posto fine a la vostra battaglia, ponendovi ad altro piú piacevole partito e senza alcuno vostro pericolo. Quale è, che voi abbiate a mostrar cum buono effecto una de le piú excellente e gloriose virtú che ne’ cavalieri sopra l’altre debba regnare, cioè l’inclita virtú de la liberalitá. La quale chi di voi cum magíor segno d’amore verso di me usará, quello fia il mio