Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
se accorse ch’el signore dovea una sera venire da la moglie a prendere piacere cum lei. Il che dissimulando non sapere, fece sembiante de volerse per doi giorni abscntarse da Verona. E da inde a poco, quando tempo li parve, ascostose, non sapendo migliore luoco, secretamente sotto el ledo ne la camera, dove el signore era uso andare, accadde, intendendo el signore che Galante non era in terra, seguendo cum la donna l’ordine dato de retrovarse cum essa, venne a lei in camera l’ordinata sera, piú lieto, piú animoso e piú de amore infiammato fusse mai, perché erano giá passati molti giorni che cum essa non se era potuto trovare. E, giunto da lei, cum benigno e amoroso saluto basiandola dolcemente, la prese in brazze, e, i)ostala sopra el lecto, come quello ch’un poco era sensuale e de le donne dulcissimo e sapientissimo amante, ma per altro de singular laude degno, incominciò a basiarla in fronte, dicendo; — Tesoro mio caro, de chi è questa bella fronte, degna di corona e de tanta reverenzia? — E lei, che sapea molto ben danzare al cembalo, respondeva: — L’è vostra, signor mio bello. — E poi, seguendo, diceva: — Di chi sono queste orechie si gentile e pietose, che a li mei amorosi suspiri se sono piegate, cor del corpo mio? — Signor mio — respondeva lei, — elle sono de la Vostra Excellenzia. — E poi seguitava: — Di chi sono questi begli occhi piú lucenti assai ch’el sole, che tanto de amorosa luce sfavillano, li quali m’hanno l’anima col cuor legato ad amarve perpetuamente?— baciandoli tuttavia centomilia volte. —Signor mio dolce, sono vostri — respondeva lei. E poi, seguendo, diceva: — De chi è questo naso perfilato e ben composto, dove se ferma per maraviglia a mirare la gente, speranza mia bella? — L’è vostro — diceva lei, — signor mio degno. — Poi, pigliandoli cum due dita legiadramente li soi rosati labri e baciandoli, diceva: — Di chi è questa boca piena di tanta suavitá, odore e dolcezza, e ornata de questi denti de colore de perle orientale, Elena mia vaga? — E lei pur cum dolcezza diceva: — Signor mio benigno, l’è vostra. — E mia sia! — respondeva el signore, reiterando i saporiti basi. Poi, seguendo, diceva: — Di chi è questa lingua, molto piú dolce che non è el zucaro o ’l