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NOVELLA XLVII

E1 \irete da Russi, agro bolognese, fa uno capo de oca in luoco de sancta reliquia baciare a certe citadine e ad altre rusticane gente; dove è accusato al vescovo, e poi cum idonea scusa e cum picolo dono è liberato.

Magnifico conte, clarissimi gentilomini e voi pudiche e generose donne, el fu uno prete, poco tempo fa che moritte, chiamato dono Angustino da le Caselle, oltramodo piacevole e compagnone, come forse alcuno de voi cognobbe. 11 quale essendo rectore de la chiesia da Russi, nostro contato, accadde che, essendo li presso la chiesia sua transferito una onorevole famiglia de nostri citadini per fugire la contagione de la pestilenzia, la quale damnegiava alora alquanto la cita nostra spesso, quasi ogni giorno egli andava p)er suo diporto e piacere a casa de quisti citadini, dove erano alcune bellissime e facetissime donne. E, intrando in vari rasonamenti de zuochi e de piaceri cum epse, che voluntiera lo molestavano, lui li diceva che se guardasseno combattere cum preti, li quali per loro vendetta meglio che altri giuntavano el compagno. Le donne respondendo: — Si, quelle persone che sono legiere de cervello; ma noi non giuntaresti voi, perché ve cognoscemo tristo e doloso quanto altro che mai ordisse natura, — epso respondeva: — Questo è per vostra grazia, madonne. Io direi ben «gran mercé a voi», ma non bisogna. Ma state pur chete, ché, se me facesti incominciare, io ve farei mangiare una oca, e poi le osse per sacre reliquie adorare. — Vui faresti papolate assai, come è vostra usanza — resposono le donne, ridendo forte. — Factene pur goldere l’oca: vederete poi come anderá el resto. — In bona ora! — dixe don Augustino, — non piú parole, e non vaglia poi a turbarse. — E cosi, intrato poi presto in altri dulci ragionamenti, se dettene una gran pezza piacere.