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NOVELLA XXXVIII

Zuco Padella, andando in zanche a furare de le persiche, è giunto e preso a modo de lupo; dove cum Paqua bullente gli è pellato il capo e il viso; per il che a lui e suoi discendenti eterno cognome aquista.

Magnifico conte, unico signor mio, generosi gentilomini e voi bellissime e graziose donne, dovete sapere che misser Lippo di Ghisilieri fu cavaliere di famiglia e de stato e de grandezza d’animo nobilissimo e splendido, prendendo elio molto piacere de corregere altrui cum morali effecti, e specialmente li discostumati villani, i quali ancora a’ nostri giorni, come sapeti, la memoria del suo nome non poco temono. Accadde che, avendo lui a certe sue possessione, poste in Poleseno da Sira in loco dicto la Torre di Ghisilieri, uno bello brodo overo giardino, el quale tuttavia è piú bello e fructifero che fosse mai, cum le fosse intorno (e io el so, ché li sono piú volte stato), de vari delicati fructi copioso, e specialmente de bellissime persiche, spesso e quasi ogni nocte gli erano furate da uno contadino de la villa, nominato Zuco Padella, uomo da bene, che voluntiera tocava el dato, e mangiava, quando li veniva còlto e poteva, buoni ficatelli a la taverna, e non giá per vizio de la gola, ma per dare sostegno al corpo. Il che non poco dispiacendo a misser Lippo che tali fructi, a lui piú che altri cari, furati li fusseno, deliberò de usare ogni opera e diligenzia per trovare il malfactore, accioché non le digistesse senza amaritudine. E per questo fece porre nel brodo, dove se andava a le persiche, certe lambrechie conficate in terra, che non se vedeano, e chiodi dentro cum le punte di sopra, acciò chi volesse andare a la perdonanza se forasse li piedi. Facto questo, il ruba-