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chierica, cominciò a gridare ad alta voce: — Misericordia, per Dio! misericordia! Non me peliate, che io me muoio! — Misser Nicolao, facendo vista de non audire, dicea a Francescotto e al famiglio: — Gettati ancora su de Taqua, ché la botte è molto seca; — credendo però non fusse cusl bollente come era. Il che essendo cum sommo tormento del prete, cominciò a gridare piú forte che poteva: —Oimè! oimè ! ch’io ne moio! non piú, non piú, per Dio! Cavatime de entro qua, ché io ve darò diece ducati d’oro ho adosso. — Or, parendo a misser Nicolò avere facto assai, e retenendo cum gran fatica le risa, dixe: —Ch’è quello ch’io odo lá entro gridare? Le vati ve via, non gettate piú acqua! — E cum queste parole, guardando nel buio di sopra la botte, dixe: — Chi sei tu? Chi è lá entro? Sei tu anima viva o spirto maligno? — Oimè! — respose el prete: — io sono el sciagurato don Giovanni da Castello San Piero. — Ma chi ve ha qui conducto? — Oimè! misser mio, aprileme, ché vel dirò. — Onde, facendo misser Nicolao subito cavare Fusolo a la botte, fu tratto don Giovanni cum fatica fuori, che non era solamente bagnato, ma avea tutto pellato el capo, in modo che fin ch’el vixe non fu bisogno spendesse denari in farse fare la chcrica, perché l’acqua fu troppo calda. Or, facto questo, misser Nicolao dixe: — Don Giovanni — quasi non polendo tenire le risa, — ditemi per la fede vostra in che modo entrasti in questa mia botte. — Lui, cominciando da capo, tutto vergognoso li dixe ogni cosa, chiedendoli tuttavia cum le brazze in croce perdonanza. De che scoppiando tuttavia de le risa misser Nicolao: — Ben, missere, dicetime il vero, avete piú voglia de solazare cum femine? — Oimè! — respose el prete, — io me ve recomando, ché piú presto vorei essere morto che vivo. — Alora dixe misser Nicolao, senza piú ridere, come uomo de gravitá venerando: — Prete, prete, el sarebbe il meglio che tu tenesti altri modi che non fai, imperoché a’ toi pari se conviene spiritualmente officiare e non essere adulteri e stupratori, per dare buono exemplo al proximo e non offendere Dio. Lévatime denanti col malanno che Dio te dia, scelerato ribaldo ! ché non so che me tenga che non te faza tòre la vita ! — E, cum queste S. DEGLI Arienti, Le Porretane. 15