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I

NOVELLA III

Feliciano da Verona, uomo virtuoso, per fare una fica, è constrecto a la rasone pagare la pena, e per non avere moneta fa un’altra fica al iu* dice, e pagando uno ducato è liberato.

Voi doveti in la terra vostra, magnifico conte, generosi gentiluomini e voi bellissime matrone, avere cognosciuto uno Feliciano, uomo egregio, de darò ed erudito ingegno, liierato e de virtú laudcvole pieno, e de graziosa c lepida conversazione tutto ornato, cognominato «antiquario», per aver lui quasi consumato gli anni soi in cercare le generose antiquitt’í de Roma, de Ravena e de tutta l’Italia. Costui adunque avendo oltra le antiquitá posto ogni suo studio e ingegno in cercare e investigare l’arte magione, cioè la quinta esscnzia, se transferitte per tale ca.sione in la marca anconitana per trovare uno eremita, il quale avea inte.so essere gran maestro di quell’arte. Dove andando, giunse a Tolentino, a l’ospizio del Gallo, cd ivi discavalcato ed entrato in la stalla per governare il suo roncino, si levò subito rixa fra uno famiglio germano de Tosto e un altro, dandose insieme fiere pugna; e, vencndose percotendo verso Feliciano, feceno in tal modo che lo rccularono a Iato la mangiatora de’ cavagli. E lui gridandoli stesseno adrieto c non facesseno questione, valeva niente el dire, anci parca quanto piú li sgridasse e discostasseli da sé con le mane, tanto piú li venissono adosso, cosí erano inebriati de ira e de mala volontá in farse male. Unde menandose loro fiere pugna, ne detteno uno nel sinistro fianco inadvertentemente a Feliciano; il quale, sentendose oITcso e sentendo dolore per la recevuta percossa, venne di malo animo e voglia verso lo olTendilore. Pur, come persona piacevole e di sangue dolce, vedendose senza cognosciinento de persona in aliene parte, dixe: — Bestie che sicti. S. DKGU Aribnti, Le Porretan*. a