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NOVELLA XXXVII

La moglie dere in di una Franccscotto botte; e Franccscotto fa venire un lo prete conduce a lei e sopra per paura uno carro il fa ascon- a Bologna, dove gli è cum suo gran tormento pellaio la chierica.

Misser Nicolao de li Ariosti, clarissimo conte, spectabili gentilomini e voi nobilissime e graziose donne, fu (come molti di vui ponno avere audito recordare) iureconsulto piacevole e de molta doctrina, integritá e sapienzia, quanto altro a’ soi giorni se trovasse; per il che fu piú volte adoperato in ardue cause de la nostra republica, cum grande beneficio de quella e cum celebre onore de la illustre cita nostra. Epso adunque, avendo uno suo famiglio lavoratore, nominato Francescotto, a certe sue possessione poste in quel di Cento nel corpo di Reno, li avea una aconcia giovene data per moglie, il cui nome fu Bellincina, de la quale uno prete, chiamato don Giovanni, da Castello San Piero, rectore de la chicsia de San Georgio, li distante un miglio, se inamorò per tal modo, che la giovene vivere non poteva, per tanta molestia che li dava. Di che il marito ne avea tanto dispiacere e gelosia, che piú volte fu per uciderlo; e, non potendo la sua temeritá per modo alcuno reprimere, deliberò partirse de quel luoco e da misser Nicolao suo patrone, E cum questo pensiero se ne venne a Bologna a dimandarli licenzia, che era di state. Il che intendendo misser Nicolao, ne ebbe dispiacere assai, perché costui era uno buono e fidele lavoratore, e stato cum lui longo tempo. E per questo li dixe: — Francescotto, perché non vói tu stare piú meco? Quale casone te move a partirle da me in questo tempo? Per certo io delibero prima sapere, avanti te dia licenzia, che è quello che te induce da me partire; e, se io ho facto cosa alcuna che te dispiaza o mancato del debito mio in veruna parte verso te, voglio me lo dichi ; ché, quando fosse pur tuo pensiero de partirle da me, se ben