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NOVELLA XXXIV
Lentilio per amare consuma il suo e diventa guardalore de oche per substeiuare la sua vita; e poi inopinatamente per una oca fu restaurato da l’amata donna, e quella prende per moglie.
Le Vostre Mansuetudine debbeno sapere, circunspecti gentilomini e vui magnifico conte, ch’el fu uno richissimo giovene nominato Lentilio, figliuolo de misser Ghirardo delli Asinelli, fondatore de l’alta torre sua, cavaliere notabile, splendido e magnifico, el qual maritò doe sue sorelle in dui fratelli della illustre casa di Malatesti, che in quel tempo Ariraino, Cesena, Pesaro e Fano dominavano. Costui, coir- è costume de li animali gentili, se dette ad amare una beila donna, il cui nome fu madonna Claudia, moglie de uno degno gentilomo de la nostra citá, nominato Agabito Papazone. De la quale se accese in tal maniera, che cosa leg^adra e magnifica non lassava a fare per acquistare e avere la grazia sua, come sono giostre, canti, balli, foge, pompe, cortesie, doni e ogni effecto da degno e illustre amante: il perché invero la donna era bella, magnanima e de animo generoso e grande. Accadde adunque in processo de questo amore che, usando Lentilio grandissima arte, industria e sollicitudine per possedere la cosa amata, e donando liberamente a chi li porgeva aiuto e sufragio, trovò luoco, modo e tempo de parlare a costei, a la quale piú volte avea facto dire volesse essere a’ suoi sospiri e longo amor pietosa e donarli la sua grazia. Ma al fine sue parole, sospiri e pianti niente valevano, perché epsa ogni volta piú se mostrava dura, come prudentissima donna e gelosa de l’onore suo e del suo caro marito. Il che vedendo Lentilio, ne portava tanto dolore e affanno, che, divenuto pallido e perduto ogni speranza de mai potere acquistare l’amore de l’amata donna, consumò le sue nobile e antique richezze. Onde li fu opportuno, per non