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NOVELLA XXXIII

El marchese de Mantoa vòle maritare madonna Cassandra ad Alexandro Marone suo cortesano; e lei, intendendo la compagnia li vuole fare, dice noi volere, |>erché, quando fusseno corurati, non potrebbono far la pace. E disfasse la parentclla. Voi dovete sapere, clarissimo conte e voi generosa compagnia, che antiquamente la nostra citá de Mantoa fu abitata de gentile e nobile famiglie, fra le quale fu lí Bonacorsi, casa Lodi e quilli da Riva, che primarie della dtá se fecerono; e poi, per cupiditá del Stato fra loro ingannandose, li Bonacorsi restarono signori. E da inde a poco, piacendo al cielo, la nostra illustre famiglia da Gonzaga, per sua iustizia, liberalitá e valore, se fece degna dominatrice de Mantoa. Nel quale dominio, doppo molti signori, che furono tutti in arme e in toga eximi e prestanti, successe misser Zoanne Francesco primo, marchese de Mantoa, principe de tanta integritá, benehcenzia, religione e magnitudine de animo, quanto altro a’ suoi giorni in Italia se trovasse. E forse direte che troppo altamente ne parli, essendo stato de nostra famiglia; ma, secando el mio iudicio, non me pare de dire a meglio de le virtú che lui ampiamente possesse. Questo signore adunque, tra l’altre sue virtú, prendeva piacere e se delectava molto de utilitare li suoi amici, e quilli specialmente che cognosceva de qualche prestanzia e valore, cosa de gloria in uno principe. Per il che, amando singularmente uno suo nobile curiale, de etade de quarantasei anni o circa, nominato Alexandro Marone, che se credea fusse de la prosapia del nostro poeta, e desiderando assai de farli qualche benefício, un giorno el fece a sé chiamare e dixeli : — Alexandro, per l’amore te portamo, abiamo pensato fatte qualche bene, el quale non sera poco, se tu el saperai cognoscere. Tu vedi che sei oggimai in etá matura e cum poche facultá, e, finito te.